Tra i social ritenuti più efficaci per l’Ecommerce Facebook (37%) è caduta in classifica superata da Instagram (48%) ormai da due anni e Whatsapp Business (31%).
Whatsapp Business richiede una conoscenza specifica per essere utilizzato, diversa dagli altri social media, e per questo si crea una forte dicotomia tra chi lo trova efficace e chi no. A seguire troviamo Youtube in forte crescita (25%), Tiktok (23%), Pinterest (11%), Linkedin (5%), WeChat (4%), Twitch (2%) e Sina Weibo (2%).
La percezione dell’efficacia dei social media in termini di ritorno sull’investimento rimane complicata per le aziende Ecommerce italiane intervistate. Con l’aumento del numero dei social media è aumentata anche la complessità di gestione. Anche per questo si rimane ancora nell’ambito della sperimentazione e anche solo la misurazione dei risultati è tema di dibattito.
Solo un terzo (in forte crescita dallo scorso anno dove era solo un quarto) delle aziende si ritiene soddisfatto delle performance dei social media, un altro quinto lo ritiene completamente insoddisfacente e la restante metà è alle prese con il cercare una soluzione.
Le aziende italiane che vogliono continuare ad investire su questo canale aumentando gli investimenti rispetto all’anno precedente sono il 50% (-5% rispetto all’anno precedente e -9% rispetto a due anni prima). In aumento il numero delle aziende Ecommerce che decidono di mantenere l’investimento costante (il 37%, +5% dallo scorso anno), a favore di un aumento di risorse destinate ai social media. Aumenta anche la percentuale delle aziende che ridurrà l’investimento nel corso di quest’anno (il 7%). Resta invece piuttosto costante la quantità di aziende che prevede di non effettuare investimenti in attività social durante il 2021 (6% rispetto al 8% dello scorso anno).
Pagina successiva »« Pagina precedenteDai dati del rapporto “Ecommerce Italia 2023″ emerge che il 65% delle aziende ecommerce intervistate da Casaleggio Associati dichiara di essere presente su almeno un marketplace. Un numero in netta crescita rispetto al 49% dell’anno precedente.
Nell’ultimo anno c’è stata una razionalizzazione del numero di marketplace in cui le aziende sono presenti, con il 46% delle imprese che dichiara di utilizzare solo due o tre piattaforme. A contenere più di altre il numero di marketplace in cui essere presenti sono soprattutto aziende del settore Moda ed Elettronica di Consumo.
Per il 27% delle aziende che vendono utilizzando i marketplace, questi incidono meno del 10% sul fatturato. Per il 12% delle aziende incide dall’11 al 25% del fatturato. A seguire, il 20% delle aziende con un’incidenza del 26-50% sul fatturato, il 18% ha incidenza dal 51 al 75%. Il 23% (in forte aumento rispetto al 9% dello scorso anno) ha invece un’incidenza maggiore al 75%. A limitare maggiormente le vendite sui marketplace sono i settori di Tempo libero e di Casa-ufficio e Arredamento.
Tenendo conto di questa pluralità di presenze, tra i marketplace più utilizzati si segnalano Amazon (34%), eBay (18%), ManoMano (7%), Privalia (3%) in forte discesa rispetto allo scorso anno, Facebook (6% rispetto al 12% dello scorso anno), E-price (2%), Zalando (3%), IBS (3%), Alibaba (1%), Aliexpress (1%) ed Etsy (2%).
A fare l’ingresso tra gli altri marketplace citati da molti sono inoltre: Leroy Merlin, Decathlon e Kasanova.
Le evoluzioni di servizio offerte dai marketplace sono sempre più numerose. Negli Stati Uniti ad esempio con Buy with Prime Amazon ha dato il via alla logistica e pagamento as a service. Le aziende potranno usare direttamente i propri siti ma con i nuovi servizi si potranno immagazzinare e consegnare i prodotti e gestire i pagamenti.
La presenza sui marketplace anche settoriali apre un tema cruciale legato al pricing. Grazie ad un’analisi di Skipper (www.skpr.com) che ha esaminato per questo studio il pricing di prodotti uguali presentati in contesti merceologici diversi risulta evidente che vendere un prodotto all’interno di un settore differente permette di marginare in modo completamente diverso.
Ad esempio, nei settori di Cosmesi e Farmacia i prodotti in comune vedono differenze tra il 10% e il 24% sempre a favore del settore Cosmesi. A rendere possibili queste diversità di prezzo importanti è la pressione competitiva presente sia in generale rispetto al numero di operatori sia per il particolare prodotto offerto.
La condivisione di prodotti uguali in settori diversi è comune in quasi tutti i settori. Ad esempio tra Farmacia e Cosmesi vengono condivisi oltre 140 brand che promuovono la loro stessa offerta in modo diverso. Ma le sovrapposizioni sono presenti anche in settori molto diversi tra di loro come Elettronica e Cosmesi che condividono oltre 30 brand, ad esempio per le piastre e asciugacapelli, o ancora tra Moda e Elettronica con oltre 35 brand in comune ad esempio per gli zaini e borse per pc.
Se da una parte questo tema può essere particolarmente importante per i produttori anche per ipotizzare prodotti targettizzati e personalizzati per il settore specifico, dall’altra i retailer possono utilizzare i marketplace settoriali per proporre i loro prodotti in contesti differenti con minore concorrenza diretta e maggiore marginalità. Ad esempio venditori di Elettronica di consumo che vendono lampade autonome potrebbero beneficiare di marketplace nell’Arredamento o anche nello sport (es. Decathlon per lampade da campeggio) per promuovere lo stesso prodotto in contesti a minore concorrenza diretta.
Pagina successiva »« Pagina precedenteNonostante la grande crescita dell’Ecommerce in Italia, la spesa procapite online negli altri Paesi europei rimane più alta. In Gran Bretagna ad esempio su molte categorie merceologiche la spesa per abitante rimane il triplo rispetto all’Italia.
Durante il 2022 le aziende Ecommerce italiane che vendono all’estero sono aumentate e oggi superano di poco la metà, mentre il 48% vende solo in Italia, in salita rispetto al 44% dello scorso anno dovuto all’ingresso di nuovi operatori più giovani sul mercato.
La strategia principale per essere presenti all’estero consiste nel creare un sito multilingue. In via residuale, alcuni siti hanno adottato la strategia di una presenza specifica, ad esempio negli USA tramite marketplace.
Ad essere più refrattari all’estero sono Centri commerciali online e Elettronica di consumo per via del prodotto e delle politiche distributive. Ad avere una presenza più marcata sono soprattutto i settori Alimentare e Casa-ufficio e Arredamento.
Il fatturato prodotto all’estero pesa in media per il 29% sul totale. Durante lo scorso anno si segnala che le vendite all’estero sono aumentate nel 56% dei casi delle aziende coinvolte nella survey, stabili per il 33% e diminuite per l’11%.
La presenza estera sta diventando sempre più marcata in una varietà di Paesi. Le aziende italiane intervistate sono presenti per il 34% in Germania, 31% in Francia, 28% in Spagna, 21% nel Regno Unito, 16% Svizzera e 15% in USA, 13% Nord Europa, 7% Balcani, 4% America Latina, 3% Russia, 4% Giappone e Cina, 2% in India, 3% in altri stati asiatici e il 2% in Africa.
A spiccare di più sono la Russia, che è scesa dall’8% al 3% in un anno principalmente a causa della guerra e delle sanzioni che hanno reso più difficoltose le vendite, ed i Balcani, che sono rientrati dopo una impennata di vendite durante il lockdown al 7% in linea con la penetrazione pre pandemica, indicando probabilmente una ripresa da parte dei retailer nazionali del proprio mercato. Il 2022 tuttavia è stato un anno impegnativo per riuscire nella vendita internazionale con base in Italia per via dei costi di trasporto. Ad avere avuto una crescita importante in questo ambito sono stati quindi gli operatori con basi logistiche già distribuite all’esterno.
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Il marketing online si sta evolvendo molto per il cambiamento dei media utilizzati dalle diverse generazioni, per una evoluzione importante data alla digitalizzazione dei processi (a partire dai volantini cartacei) e soprattutto da evoluzioni anche normative che stanno ridisegnando la modalità di utilizzo dei sistemi (es. l’era del cookieless dopo la nuova normativa privacy sulla pubblicità profilata). La promozione del prodotto e del sito non è più sufficiente ed è sempre più importante la strategia marketing e di fidelizzazione complessiva.
La bontà di un sito Ecommerce può essere misurata in particolare con la metrica del tasso di conversione tra visitatori e acquirenti. Il tasso di conversione medio è aumentato negli ultimi anni arrivando ad una media generale italiana del 2,1% con forti differenze tra settori dove l’elettronica di consumo è allo 0,7% mentre settori come il farmaceutico arrivano al 3%. Per aumentare il ritorno dei clienti diversi operatori stanno ampliando la gamma su settori contigui. Ad esempio il farmaceutico si sta ampliando verso i settori di beauty e animali per migliorare i tassi di ritorno dei clienti che si attestano tra 2 e 3 volte l’anno.
Tra gli strumenti che meglio stanno agendo sul miglioramento della conversione negli ultimi mesi il conversational Ecommerce si distingue in particolare per un ampio utilizzo di Whatsapp, inizialmente utilizzato per il customer service e oggi sempre di più anche per l’ingaggio proattivo. L’utilizzo di Whatsapp per la gestione delle conversazioni dirette con i clienti permette infatti soprattutto a chi ha un ciclo di vendita lungo di mantenere ingaggiati i prospect fino alla vendita.
Gli esercenti che hanno iniziato ad utilizzare questo strumento dichiarano circa il 5% di fatturato generato tramite questo canale; esistono casi di successo come per la vendita di mobili su Woodboom dove l’invio di foto e la risoluzione di dubbi in modo immediato su chat ha permesso di diminuire il tempo di vendita dei mobili da 4 settimane a 4 giorni e arrivare al 70% delle vendite fatte attraverso questo canale.
Rispetto alle attività di promozione online del proprio brand, le aziende italiane stanno nuovamente trovando difficoltà dopo un periodo facilitato dal lockdown e da una domanda di beni online che superava l’offerta. Il 33% delle aziende intervistate dichiara di essere soddisfatto e di aver trovato la strada giusta per promuovere il proprio brand (in linea con lo scorso anno e -15% rispetto al 2020).
L’attività di promozione online continua tuttavia ad essere ritenuta difficoltosa dal 56% delle aziende (in linea con lo scorso anno e +12% al 2020). L’11% dichiara insoddisfacente l’attività, non riuscendo a trovare un sistema con un buon rapporto costi/risultati.
Dopo il periodo facilitato dal lockdown nell’acquisire nuovi clienti, il tema dell’advertising e del marketing diventa di nuovo centrale.
Il costo di acquisizione medio in Italia è di 32 euro con forti differenze tra settori.
Tra le attività di marketing, quelle SEM (Search Engine Marketing) continuano a raccogliere la maggior parte degli investimenti (24%). Al secondo posto con il 14% troviamo le attività SEO (Search Engine Optimization). Al terzo posto i Social Media con il 14%, a seguire Email marketing con il 9%, Display advertising con il 6%, Comparatori con il 5%, Remarketing/Retargeting e Sponsorizzazioni entrambi con il 6%. Affiliazione rimane al 3% e il Programmatic scende al 2% (dal 5%). Una nota particolare va a Tv, Radio e Stampa che dopo essere scesi dal 13% al 5% nel 2021, ed aver ripreso quota al 7%, nel 2022 riscendono al 4%. Confrontando i dati tuttavia si nota che ad investire sui media tradizionali sono soprattutto le aziende che si dichiarano insoddisfatte dei risultati della strategia promozionale.
Un fenomeno particolare accelerato proprio nell’ultimo anno è il riposizionamento della pubblicità sui retailer e marketplace direttamente. Negli USA l’investimento pubblicitario sui retailer è arrivato al 10% nel 2022.
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Lo scorso anno ha visto l’accelerazione di alcuni trend che prenderanno piede durante il 2023. In particolare:
Per il primo anno dalla sua nascita l’Ecommerce ha conosciuto nel 2022 l’inflazione e ancora per tutto il 2023 almeno gli esercenti dovranno gestirla.
Gli operatori sono stati colpiti in modo molto differente. A subire il maggiore impatto (circa -15/20% in termini di contrazione di fatturato) sono stati i rivenditori di prodotti importati dalla Cina per i quali si è aggiunto anche il picco del costo del trasporto dei container in alcuni periodi del 2022 decuplicati rispetto all’anno precedente a cui si è aggiunto un cambio sfavorevole euro-dollaro. Per loro fortuna i prezzi dei container sono ora rientrati in valori normali.
Le caratteristiche che hanno impattato sugli esercenti sono state:
• Beni di prima necessità o meno (hanno avuto un aumento importante i negozi di pezzi di ricambio rispetto al nuovo).
• Materie prime utilizzate (in generale i servizi hanno accusato meno l’impatto dei prodotti, i prodotti importati dalla Russia come il pellet hanno subito aumenti importanti)
• Import vs. export di prodotti da zona fuori euro (chi produce in zona euro ed ha molte vendite extra UE ha avuto benefici, la maggior parte degli operatori ha tuttavia subito la situazione).
• Utilizzo energetico nella produzione o erogazione del servizio. L’impatto 2022 dei costi energetici ha aggravato ulteriormente la situazione di alcuni settori particolarmente energivori. Il tema si è visto anche sulla tipologia di scelta del prodotto da parte dei clienti con un boom ad esempio delle stufe e generatori e prodotti per risparmiare.
• Entry price vs. lux. I prodotti e i brand con prezzo di ingresso basso hanno avuto un aumento di volumi importante. Sui siti di comparazione il risparmio medio desiderato nella ricerca prodotti è del 15-20%. Per questo motivo alcuni clienti si stanno spostando sul penultimo modello rilasciato e nei momenti fuori stagione per ottenere i risparmi voluti.
• Prodotti voluminosi poveri vs. high end. In termini di volumi in alcuni casi i produttori di prodotti voluminosi prodotti in Asia hanno visto i prodotti di alta gamma acquisire maggiore share di vendita per via dei prezzi che sono variati meno rispetto ai prodotti con entry price che hanno subito aumenti assoluti per spedizione che incidono di più sul valore totale.
• Costi variabili con maggiore incidenza sulla componente fissa. Gli host di affitti brevi (es. Airbnb) si sono trovati a dover gestire bollette di riscaldamento e elettriche doppie o triple rispetto all’anno precedente non riuscendo più ad inserirli nel prezzo.
Gli operatori hanno avuto approcci differenti.
• Attesa del cambio annuale di listino entrato in vigore nel 2023. Nel settore farmaceutico ad esempio non si sono registrati molti aumenti durante il 2022, ma a inizio 2023 si è iniziato a riversare gli aumenti dei fornitori intervenuti con i cambi di listino di inizio anno. Le produzioni sono spesso europee e non hanno avuto l’impatto del trasporto e del cambio.
• Contrattazione a medio termine con i corrieri. I retailer più lungimiranti hanno contrattato un prezzo fisso con i corrieri prima dell’aumento importante dei costi energetici.
• Meno sconti e promozioni a parità di prezzo. Mantenendo i prezzi stabili alcuni operatori hanno alzato il prezzo medio diminuendo le occasioni di sconti e offerte praticate durante l’anno.
• Servizio di consegna ottimizzato per comprimere il prezzo.
• Riduzione dei prezzi per quote di mercato. Alcuni esercenti con buona marginalità e un prodotto ad alta richiesta hanno deciso di ridurre i prezzi per aumentare le quote di mercato e il fatturato complessivo.
• Made in Italy. Chi ha potuto ha trasferito durante il 2022 la produzione in Italia con vantaggi (temporanei) di costo relativi al trasporto.
• Trasparenza del prezzo premia. Gli host di Airbnb, ad esempio, che hanno deciso di aggiungere un costo medio energetico a priori al prezzo ne hanno beneficiato molto di più rispetto a coloro che hanno deciso di aggiungere un costo variabile a valle del soggiorno. I clienti premiano la trasparenza del prezzo.
In generale gli operatori hanno cercato in gran parte di tenere prezzi simili all’anno precedente comprimendo i margini (41% delle aziende), in alcuni casi diminuendo gli sconti (31%), promuovendo i prodotti di primo prezzo (9%) e in alcuni casi si sono cercati nuovi fornitori meno impattati dal problema del trasporto internazionale (5%).
Gli operatori Ecommerce italiani ritengono che ci sarà un impatto significativo sulla vendita online dovuto all’Intelligenza Artificiale e la maggioranza sostiene che avverrà entro tre anni.
Dopo l’hype su ChatGPT si inizia a pensare e progettare l’applicazione alla vendita online. La capacità di comprendere in modo evoluto la richiesta e le esigenze della persona e immaginare una risposta coerente e personalizzata per il singolo apre una nuova dimensione dell’acquisto online.
Oggi è necessario entrare in uno spazio di un negozio online con i prodotti da cercare singolarmente cercando di abbinare la nostra esigenza a quella dell’offerta. La prospettiva è quella di un oggetto di Intelligenza Artificiale che possa non solo capire le nostre esigenze, ma anche prevedere la migliore soluzione a prescindere dal fatto che avremmo saputo di doverla cercare. Questa dimensione ci porta su un nuovo livello di vendita online dove potremo parlare con il nostro Alexa o Google Assistant integrato con ChatGPT (o Bard) che possa conversare con noi e organizzarci un aperitivo con amici a casa ordinando il necessario o proporci un vestito da indossare ad un evento speciale al quale dobbiamo partecipare.
La capacità di personalizzare in modo estremo la soluzione alle esigenze del singolo porterà di converso alcuni cambiamenti importanti:
1- La centralità degli assistenti virtuali. I brand ed i siti perderanno ancora più di importanza aumentando la concentrazione dei punti di contatto se sarà sufficiente parlare con un assistente vocale come Siri o Alexa. Già oggi in Italia il 22,3% delle persone utilizzano gli assistenti vocali almeno una volta a settimana.
2- L’ottimizzazione dell’AI. Non bisognerà più tanto preoccuparsi del SEO (Search Engine Optimization) ma dell’AIO (Artificial Intelligence Optimization) per fare in modo che la nostra soluzione venga conosciuta e valutata coerente con il singolo profilo di persona che sta parlando con l’Assistente Virtuale e con la specifica occasione d’uso.
3- L’assistenza clienti personalizzata automatizzata. La capacità di interazione testuale dei nuovi software conversazionali renderanno indistinguibili le conversazioni con umani e oggetti di AI permettendo di seguire i clienti in tempo reale e in modo iper-personalizzato nelle proprie scelte d’acquisto.
4- Generative Commerce. Se oggi si possono creare testi con ChatGPT o immagini con Dall-e in un futuro molto vicino la capacità generativa si evolverà anche verso i prodotti fisici. Il Generative Commerce sarà la nuova frontiera non solo per personalizzare il prodotto, ma per crearlo direttamente da zero con uno stilista o progettista artificiale.
5- La produzione on demand. Se si potrà progettare in modo iper-personalizzato il prodotto, diverrà necessario creare nuovi processi produttivi in real time per questi prodotti. Questo è un trend già in atto prima con il modello di business di Zara e H&M che ha portato il fast fashion, e oggi Shein che ha accelerato ulteriormente questo processo.
Shein rappresenta il nuovo modello dell’Internet native fast fashion e oggi sorpassa già per notorietà online Zara e H&M ed è in linea per superarli entrambi in termini di fatturato grazie ad una capacità produttiva molto più alta. Il modello di Shein è infatti basato completamente online (nessun negozio fisico) e riesce a rendere disponibili dai 5 ai 10 mila nuovi prodotti ogni giorno a confronto dei 20-25 mila di Zara all’anno. Il modello è sostanzialmente basato sull’on demand production e un grande budget promozionale.
I produttori hanno ormai superato il timore dei conflitti di canale e hanno iniziato a vendere direttamente. Non solo più i produttori locali, ma in particolare quelli asiatici ai quali molte aziende italiane (e non solo) affidano la produzione. Questo fenomeno è particolarmente visibile sui marketplace come Amazon dove i top seller sono sempre più cinesi. Ad esempio, Anker è riuscita a creare un business da 2 miliardi di dollari vendendo i suoi accessori per cellulari direttamente su Amazon.
Il fenomeno è mondiale dato che ovunque i produttori hanno deciso di poter vendere direttamente al cliente finale. Nel 2022 ad esempio Nike tra negozi proprietari e vendita online ha superato il 40% di vendita diretta non intermediata. Casper da produttore di materassi è riuscita a quotarsi in borsa a New York grazie ad una brillante strategia di vendita diretta. Anche guardando all’Italia la classifica Ecommerce in Italia vede una presenza sempre più marcata di produttori in forte crescita.
I retailer e marketplace più consolidati hanno iniziato a fidelizzare la propria clientela portando su app la relazione evitando tutti gli intermediari di generazione di traffico e abilitando una serie di servizi come le notifiche o la geolocalizzazione che permettono una relazione ancora più stretta e personalizzata con il cliente.
Molti operatori soprattutto di proprietà asiatica presenti in Italia vedono con bassa priorità le attività ESG. Tuttavia alcuni marketplace e distributori (es. Lyreco) stanno iniziando a richiedere dei criteri minimi per poter onboardare i prodotti. La spinta verso un impatto più sostenibile sembra verrà – oltre che dallo spirito del singolo imprenditore – anche da condizioni di mercato dettate dai marketplace o in ultima istanza dalla legge che ad esempio a partire da quest’anno obbligherà tutte le aziende in Europa con più di 200 dipendenti a redigere il bilancio sociale.
Le strategie sulla sostenibilità sono ancora agli albori e vedono come più diffusa quella di lavorare sul prodotto e sul packaging sostenibile (26%). Solo l’8% oggi redige un bilancio di sostenibilità.
Con la stretta monetaria solo pochi attori possono ancora permettersi un Ebitda negativo. Guardando i primi dieci retailer per fatturato per categoria merceologica si nota come gli attori che hanno il segno rosso sull’Ebitda corrispondono in gran parte a coloro che stanno ricevendo finanziamenti da fondi o gruppi esterni con l’obiettivo di crescere in termini di market share. Il 2023 vedrà una stretta ulteriore sulla capacità di investimento di questi attori e la parola chiave diventerà sempre più “Crescita Economicamente Sostenibile”.
Pagina successiva »« Pagina precedenteIl 2022 ha riassorbito parte della crescita di cittadini digitali dovuta alla pandemia facendo ritornare circa un milione di persone alla vita offline dopo essere stati costretti ad entrare nel mondo digitale a causa del lockdown. In Italia la diffusione dell’online tra la popolazione (dai 2 anni in su), nel mese di gennaio 2023, ha raggiunto quota 75,1% (-1,2% rispetto all’anno precedente) con 44 milioni di utenti unici mensili e un decremento di circa un milione di persone rispetto allo scorso anno. Chi è rimasto online tuttavia ha un comportamento simile in termini di tempo trascorso online che in realtà è aumentato da 2h28’ a 2h40’ nel giorno medio. I numeri degli acquirenti online tuttavia continuano la loro crescita superando i 38 milioni già lo scorso settembre.
Dal punto geografico il Nord Ovest è l’area più connessa con il 64,7% degli adulti italiani connessi e il Sud e Isole chiude con il 58,6%.
Di questi sono circa 38 milioni gli italiani che si collegano a siti e app di Ecommerce nel mese10. In Italia il 47,1% delle persone tra i 16 e i 64 anni acquista qualcosa online ogni settimana rispetto al 57,6% nel mondo.
Dal punto di vista dei dispositivi di accesso è il mobile lo strumento di riferimento con il 49,6% del tempo degli italiani speso.
Per quanto riguarda la spesa degli italiani collegati rimane comunque un ampio margine di
crescita se si considera che in Italia il 2,26% del PIL viene speso dagli italiani per beni di consumo online rispetto ad una media mondiale del 3,53% e ad esempio la Gran Bretagna dove questa percentuale arriva al 5,13%.
Il valore del fatturato Ecommerce in Italia nel 2022 è stimato in 75,89 miliardi di euro, con una crescita annuale del 18,58%, anche se per la prima volta nella storia dell’Ecommerce la maggior parte della crescita è dovuta all’aumento dei prezzi (+9,43% in media per il comparto online con punte del 15% ad esempio per il Turismo).
Il 2022 è stato un anno di reality check dopo due anni di boost da lockdown. L’inflazione e la crisi economica in gran parte derivata dai costi energetici e dall’impatto inflattivo delle misure di forte sostegno durante la pandemia hanno generato una crescita disomogenea all’interno dei vari settori premiando chi ha reagito e innovato il proprio modello di business. In generale alcuni settori hanno
diminuito il numero di vendite in assoluto, ma sono riusciti comunque ad aumentare il fatturato grazie ad un aumento dei prezzi. Questo fenomeno è valso in particolare per i settori di prodotto fisico come Alimentare, Casa e Arredamento, Elettronica di Consumo e Centri Commerciali online.
Il lockdown ha avuto un forte impatto sui rapporti di forza tra settori che sono in continua evoluzione. Il Tempo libero, da anni il settore più importante, continua ad esserlo e rappresenta l’esatta metà (50,07%) del fatturato. L’incidenza positiva è data in particolare dalla crescita del gioco online, così come degli acquisti legati agli hobby e allo sport. Il settore è tuttavia limitato dal mercato illegale che rappresenta lo stesso volume del mercato legale. A questo proposito sono oltre 10mila i siti oscurati dall’Agenzia dei Monopoli sui quali i clienti continuano tuttavia ad andare tramite VPN perché possono offrire quote
migliori non pagando le tasse.
Rimangono al secondo posto nella distribuzione dei fatturati i Centri Commerciali online con il 19%, contro il 22% dell’anno precedente. Questo è uno dei settori che ha sentito più la crisi avendo una crescita zero sull’anno precedente quando aveva beneficiato ancora della coda lunga del lockdown.
Il Turismo è il settore con più alta crescita, dopo due anni è riuscito a superare il fatturato del 2019 ed è uscito finalmente dalla sua crisi di offerta. La crescita è stata del 47% nel 2022 dovuta per un terzo dall’aumento dei prezzi. Tuttavia non riesce ancora a riprendersi il secondo posto nella ripartizione dei fatturati rimanendo al 13,26% del fatturato totale Ecommerce. Il Turismo ha ripreso velocità anche grazie a nuovi target come le zone rurali e il turismo da smart working con soggiorni lunghi in bassa stagione per unire lavoro e svago.
L’Alimentare, dopo aver guadagnato un +63% nel 2020 e un +37% nel 2021, vede un ridimensionamento del settore con clienti che sono in parte ritornati ad acquistare in negozio. La crescita 2022 è stata del +5,5% che tuttavia sconta un aumento dei prezzi del 9,5% e quindi una crescita in termini reali negativa.
A seguire le Assicurazioni che rimangono stabili in termini di share (4,11% sul totale) con una percentuale di crescita annua del 23% grazie a nuovi servizi di embedded insurance.
L’Elettronica di consumo cresce del 7% con un 3,3% sul totale fatturati; segue la Moda: stabile al 2% del totale, ma che continua la sua crescita con un +15,9% nel 2022 per metà dovuta a crescita dei prezzi.
Per l’Editoria le vendite online sono cresciute del 10% e il settore scende all’1,66% di share.
Chiudono la classifica Salute e Bellezza / Casa e Arredamento. Questi due settori pesano ancora molto poco sul totale, l’1%. Il primo è quello che ha registrato la crescita maggiore (dopo il Turismo) del 25% diminuendo il 38% dell’anno precedente, mentre il secondo ha avuto una battuta d’arresto con una crescita (8%) sotto il livello di aumento prezzi (10%).
Il 2023 vedrà la continuazione dell’assestamento post lockdown con una forte crescita da parte dei produttori a discapito dei retailer. La crescita maggiore in quasi tutti i settori dei beni di consumo viene infatti prevista dai produttori, un dato che fa presagire investimenti importanti da parte di questi attori. Un indicatore in più sul fatto che i retailer dovranno giustificare ancor più il loro ruolo nella catena distributiva.
In media un sito di Ecommerce italiano prevede per il 2023 di crescere del 17,26% in termini di fatturato. A stimare una maggiore crescita è il comparto del Tempo Libero (+23%) dopo la riconferma delle concessioni per due anni sul mondo del gioco online, seguito da Alimentare e Moda (+20%) e Salute e Bellezza (+19%). A seguire si prevede cresceranno di più Casa-Ufficio e Arredamento (+18%),
Elettronica di consumo (+12%), Centri commerciali online (+10%) e infine, con una crescita più contenuta, Editoria e Assicurazioni (entrambe +5%).
Tra i principali obiettivi della strategia digitale, che si pongono le aziende intervistate per il 2022, compaiono: per il 72% aumentare il profitto/fatturato in forte aumento dallo scorso anno (59%), 50% l’obiettivo di acquisire nuovi clienti, per il 45% aumentare l’awareness (raddoppiando il 28% dello scorso anno), per il 36% fidelizzare gli attuali clienti, per il 30% guadagnare quote di mercato rispetto ai competitor, mentre per il 6% altri obiettivi.
Il fatturato è ancora principalmente derivato dal proprio sito (40%), tuttavia la percentuale degli altri canali si sta alzando in modo importante, in particolare dai marketplace (28%) e Social Media (13%). L’app mobile soprattutto per gli esercenti più grandi è diventata inoltre un asset importante e oggi rappresenta in media l’8% del fatturato.
Pagina successiva »« Pagina precedenteGli utenti che accedono ad Internet nel mondo sono 5,16 miliardi (+98 milioni nell’ultimo anno), oltre il 64% della popolazione totale mondiale. La maggior parte degli utenti di Internet utilizza i dispositivi mobili per connettersi e per il primo anno le persone che hanno fanno un acquisto online nel mondo sono lievemente decresciute (-1,4% pari al 57,6% della popolazione mondiale).
Il mercato globale dell’Ecommerce nel 2023 supererà i 6 mila miliardi di dollari di fatturato per arrivare a superare gli 8 mila miliardi nel 2026. A detenere la leadership come più grande gruppo mondiale di vendita nel 2022 on line è Alibaba con oltre 780 miliardi di dollari di fatturato seguita da Amazon con 690 miliardi di dollari.
Il mobile rappresenta in media il 59,79% del traffico mondiale, mentre il 38,53% proviene da desktop e il 2,05% da tablet. Mentre in Europa e Nord America le percentuali tra desktop e mobile sono più o meno equivalenti, in Africa (77% mobile) e Asia (70% mobile) il mobile è diventato il canale principale di collegamento online.
Tra i beni di consumo più acquistati online al mondo durante il 2022 spicca la Moda seguita dall’Elettronica di Consumo. Quello che tuttavia è stato un fenomeno particolare dello scorso anno è che quasi tutte le categorie merceologiche principali dei beni di consumo acquistati online hanno visto una contrazione con l’eccezione dei Beni Alimentari che vanno ad aggiungersi ai servizi dove
in particolare il Turismo ha visto una crescita importante.
Il riassestamento dello slancio verso la Rete avuto con il lockdown si registra anche sul tempo globale che le persone spendono online che è sceso del 5%.
I Paesi con maggiore spesa pro capite per i beni di consumo sono Hong Kong con $3.828 all’anno seguita da USA ($3.374) e UK (2.940). L’Italia si posiziona ventunesima al mondo con $1.212.
Dal punto di vista dei numeri assoluti tuttavia è la regione asiatica che sta iniziando a prendere la guida del mercato digitale.
L’area Asia-Pacifico continua ad essere il traino di questo mercato. La crescita tuttavia continua su tutti i mercati. Negli USA la crescita dopo il picco del lockdown è rientrata sulla curva storica di rapporto con il retail fisico dove comunque 1 acquisto su 5 viene fatto online.
Dal punto di vista del fatturato complessivo le vendite statunitensi sono comunque cresciute anche nel 2022, tuttavia questa crescita di fatturato è sostanzialmente dovuta alla crescita dei prezzi. In termini reali (numero di pezzi e servizi venduti) infatti lo scorso anno ha visto una lieve decrescita riassorbendo in parte la forte spinta del lockdown.
In tutto il mondo la crescita del lockdown ha visto una crescita di tre/quattro anni in uno. Questa forte crescita ha generato tuttavia anche un effetto di rientro della crescita dovuta a coloro che erano obbligati ad acquistare online, ma che preferivano acquistare in negozio. Andando a vedere i singoli Stati tutti hanno visto una contrazione in termini reali nel 2022. L’unica eccezione europea è la Francia che ha scontato il suo calo già nel 2021.
La contrazione delle vendite è derivata da svariati fattori: principalmente da un recupero della crescita troppo repentina degli ultimi due anni a cui si sono aggiunte la crisi economica aggravata dall’emergenza energetica e della guerra in Ucraina che a loro volta hanno avuto effetti sul costo dei trasporti. Il costo dei container è decuplicato durante lo scorso anno mettendo in grande difficoltà i retailer che basavano la loro strategia sull’import asiatico. Per loro fortuna l’effetto è stato temporaneo ed a inizio 2023 i costi del trasporto via nave sono rientrati a valori simili al 2021.
Il 60% dei cittadini europei ormai acquista online e il fatturato Ecommerce europeo ha avuto anche nel 2021 un’accelerazione arrivando a valere 732 miliardi di dollari. Il fatturato complessivo del 2022 si è invece ridimensionato tornando ai valori del 2020 perdendo circa 100 miliardi per quanto riguarda i beni di consumo.
Responsabili della contrazione sul fronte dei clienti sono stati in particolare gli over 55 enni che hanno visto per la prima volta una lieve flessione in termini di utilizzo di Internet, passando dal 60% al 59% di persone in Europa.
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Il 2022 è stato l’anno del reality check per gli esercenti e i produttori che hanno dovuto ritornare a giocare secondo le regole di mercato senza il boost (e in alcuni casi l’ostacolo) del lockdown.
La vera novità è stata l’inflazione che l’Ecommerce italiano in tutta la sua vita non aveva ancora conosciuto. Da una parte ha influito sugli acquisti a causa dei prezzi maggiorati, dell’incertezza dovuta alla crisi energetica, alla guerra in corso e ai costi impennati dei trasporti dall’Asia.
Dall’altra parte ha permesso a settori come l’Elettronica di Consumo, l’Alimentare e Casa e Arredamento, che hanno diminuito le vendite in termini assoluti, di aumentare comunque il fatturato di fine anno.
Gli operatori hanno comunque approfittato per riorganizzare la produzione e rendere meno strutturali gli sconti e prevedono anche per il 2023 una crescita a due cifre del 17,26% in media.
La crescita viaggerà su canali differenziati perché da una parte gli operatori che possono ancora finanziare la crescita in perdita sono sempre meno visto l’aumento dei tassi della BCE, dall’altra la crescita finanziariamente sostenibile spesso non è sufficiente a stare al passo con gli operatori esteri che entrano in Italia.
La crisi dei trasporti dalla Cina ha fatto pensare a molti operatori di avvicinare la produzione in Europa, tuttavia i produttori asiatici sono già strutturati per fare concorrenza diretta ai produttori e retailer che terziarizzavano loro la produzione. Il 2023 vedrà l’emergere di questi colossi che inizieranno a vendere direttamente ai clienti finali tramite i marketplace come Amazon seguendo l’esempio di Shein che ha già superato in termini di notorietà e in alcuni casi fatturato multinazionali come Zara e H&M puntando tutto sulla rapidità di produzione e rinnovo del catalogo giornaliero.
La concorrenza arriverà anche dall’Europa come per quanto riguarda il trasporto ferroviario che verrà ulteriormente liberalizzato.
Per difendersi da questi fenomeni i retailer italiani dovranno rafforzare la relazione con il cliente finale.
La relazione con il cliente finale tuttavia potrebbe essere intermediata direttamente da oggetti di intelligenza artificiale che molto probabilmente cambieranno per sempre l’Ecommerce come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.
Pagina successiva »« Pagina precedenteEcommerce revenue in Italy from 2009 to 2022 (in billion euros)
Nel 2022, il fatturato del settore dell’Ecommerce in Italia ha toccato quasi 76 miliardi di euro, un aumento significativo rispetto a un anno prima, quando ammontava a circa 64 miliardi di euro. Secondo i dati, le entrate dell’Ecommerce sono aumentate costantemente e più che quadruplicate durante tutto il periodo considerato. Quando si esaminano le categorie più popolari , gli utenti di Ecommerce preferiscono acquistare online prodotti e servizi relativi alle attività del tempo libero e al turismo.
Ecommerce revenue in Italy 2022, by category
Il lockdown ha avuto un forte impatto sui rapporti di forza tra settori che sono in continua evoluzione. Il Tempo libero, da anni il settore più importante, continua ad esserlo e rappresenta l’esatta metà (50,07%) del fatturato. Rimangono al secondo posto nella distribuzione dei fatturati i Centri Commerciali online con il 19%, contro il 22% dell’anno precedente. Il Turismo è il settore con più alta crescita, dopo due anni è riuscito a superare il fatturato del 2019 ed è uscito finalmente dalla sua crisi di offerta.
Distribution of Ecommerce marketing & advertising in Italy 2023, by category
Come investono in marketing e pubblicità le aziende italiane di Ecommerce?
Tra le attività di marketing, quelle SEM (Search Engine Marketing) continuano a raccogliere la maggior parte degli investimenti (24%). Al secondo posto con il 14% troviamo le attività SEO (Search Engine Optimization). Al terzo posto i Social Media con il 14%, a seguire Email marketing con il 9%, Display advertising con il 6%, Comparatori con il 5%, Remarketing/Retargeting e Sponsorizzazioni entrambi con il 6%. Affiliazione rimane al 3% e il Programmatic scende al 2% (dal 5%).
Una nota particolare va a Tv, Radio e Stampa che dopo essere scesi dal 13% al 5% nel 2021, ed aver ripreso quota al 7%, nel 2022 riscendono al 4%. Confrontando i dati tuttavia si nota che ad investire sui media tradizionali sono soprattutto le aziende che si dichiarano insoddisfatte
dei risultati della strategia promozionale.
Distribution of short term investments of Ecommerce companies in 2023, by type
Come lo scorso anno, le aziende Ecommerce italiane nel breve termine prevedono di investire soprattutto in marketing e promozione (54%). Al secondo posto si posizionano, come l’anno precedente, gli investimenti tesi a migliorare le prestazioni, l’usabilità e la user-experience del sito web (50%), mentre al terzo posto ci sono gli investimenti volti a migliorare l’infrastruttura tecnologica (per il 41%). L’adozione/ottimizzazione del CRM e della marketing automation sono previsti dal 37% delle aziende.
La presenza sui marketplace e il potenziamento del servizio di logistica sono previsti come investimenti dal 28% e 21% delle aziende italiane intervistate, mentre l’attività di vendita all’estero dal 16%.
Italian Ecommerce firms presence in foreign markets 2023, by country
Quali sono i mercati esteri con maggior presenza di aziende italiane?
La presenza estera sta diventando sempre più marcata in una varietà di Paesi. Le aziende italiane intervistate sono presenti per il 34% in Germania, 31% in Francia, 28% in Spagna, 21% nel Regno Unito, 16% Svizzera e 15% in USA, 13% Nord Europa, 7% Balcani, 4% America Latina, 3% Russia, 4% Giappone e Cina, 2% in India, 3% in altri stati asiatici e il 2% in Africa.
Visita il sito di Statista per scoprire gli altri dati sull’Ecommerce in Italia.
Investments intentions on social media of Ecommerce companies in Italy 2023
Main methods of payment for online purchases in Italy 2023
Y-o-y Ecommerce revenue growth in Italy 2009-2022
Ecommerce companies strategies to increase online sales in Italy 2023
Ecommerce companies’ presence on online marketplaces in Italy 2023
Most used marketplaces by eEcommerce companies in Italy 2023
Online revenue channel share of Ecommerce companies in Italy 2023
Ecommerce companies’ measures to reduce inflation’s impact in Italy 2023
Sustainability strategies of Ecommerce companies in Italy 2023
Warehouse management in Ecommerce companies in Italy 2023
Timeline of artificial intelligence’s impact on Ecommerce in Italy 2023
Per scoprire i trend e i numeri dell’Ecommerce in Italia scarica il nostro Report.
Pagina successiva »« Pagina precedenteLe metriche dell’Ecommerce, spesso indicate anche come Key Performance Indicators (KPI), sono valori misurabili utilizzati per valutare l’efficacia di un’organizzazione nel raggiungere i propri obiettivi.
Idealmente si possono suddividere in macrocategorie come vendita, aspetti economici, acquisizione, fidelizzazione, organizzazione interna e B2B, seppur in alcuni casi i confini rispetto ad altre attività aziendali, siano sfumati.
Ogni impresa che fa Ecommerce deve avere una propria data-strategy, un approccio che consente di evolvere le strategie ed i processi in funzione dei risultati e basato sulla logica di miglioramento continuo.
Questa guida ha l’obiettivo di chiarire le diverse sigle e descrivere le principali metriche utilizzate dagli Ecommerce Manager in diverse aree.
Conversion Rate (CR): è dato dalla percentuale di utenti che si convertono in clienti su un sito web di Ecommerce attraverso un acquisto o la creazione di un account
Average Order Value (AOV): indica l’importo totale medio del carrello del cliente di un’azienda, ovvero lo scontrino medio di un cliente per un singolo ordine e serve per comprendere se lo stesso generalmente acquista prodotti più o meno costosi e qual è la quantità generalmente ordinata
Cart Abandonment Rate (CBR): indica il numero di utenti che dopo aver aggiunto i prodotti al carrello e aver inserito i propri dati personali e della carta di credito decidono di non finalizzare l’acquisto per un qualsiasi motivo
Add to cart rate: corrisponde alla percentuale di visitatori che aggiungono un prodotto o più al carrello durante una sessione
Number of transactions: rappresenta il numero di transazioni effettuate in un determinato periodo di tempo su un sito Ecommerce
Items per order: indica il numero medio di articoli acquistati per singolo ordine ed è una metrica utile per fare previsioni sulle entrate future
Orders per active customers: corrisponde al numero medio di ordini effettuati dai clienti attivi di un Ecommerce durante un determinato periodo di tempo
Average Revenue Per User (ARPU): misura l’ammontare dei ricavi generati in media da ciascun cliente ed è talvolta anche chiamato Average Profit Per Customer (ARPC)
Revenue Per Visitor (RPV): misura l’importo medio speso per ogni acquisto su un sito web, combinando il tasso di conversione (CR) e il valore medio dell’ordine (AOV)
Conversion Rate Per Traffic Channel: mostra il rendimento dei diversi canali di traffico, in modo da andare a valutare quale sia il canale con il rendimento peggiore e quale con quello migliore
Influencer ROI: misura la redditività operativa di un sito Ecommerce generata dalla collaborazione con un influencer
Return on Ad Spend (ROAS): misura l’efficacia di una campagna pubblicitaria e permette di valutare se sono necessari dei cambiamenti per migliorare ed incrementare il ritorno sulla spesa in pubblicità
Marketing Efficiency Ratio (MER): indica il contributo degli sforzi di marketing alla redditività dell’azienda. Si calcola dividendo le entrate dell’Ecommerce per le spese di marketing sostenute
Return On Marketing Investment (ROMI): misura l’efficacia complessiva di una campagna di marketing e si riferisce alla parte di profitto attribuibile direttamente agli investimenti in marketing
Return Rate (RR): confronta il numero di unità restituite con il numero di unità vendute ed è una metrica rilevante in quanto i rivenditori vogliono ridurre al minimo i loro tassi di reso poiché i resi riducono le entrate
Net profit: indica il profitto realizzato dall’attività di un’azienda in un determinato periodo di tempo. E’ un dato fondamentale per valutare la redditività di un’impresa
Gross Profit Margin (GPM): misura il profitto totale delle merci vendute, sottraendo dalle vendite totali il costo delle merci
Gross Merchandise Volume (GMV): indica il valore totale delle vendite in un determinato periodo di tempo e rappresenta quindi un buon indicatore della crescita generale di un sito Ecommerce
Return on Investment (ROI): misura la redditività operativa di un sito Ecommerce, ovvero la sua capacità di reinvestire i propri profitti in crescita, traffico e annunci
Cost Of Goods Sold (COGS): misura la spesa da sostenere per la vendita di un prodotto includendo diversi costi, come il costo di acquisto dei prodotti, costi di spedizione e logistica, costi di imballaggio, e costi di gestione dell’inventario. Calcolare il COGS nell’ecommerce è essenziale per determinare il margine di profitto lordo dell’azienda e valutare la redditività delle operazioni di vendita online. È importante monitorare attentamente il COGS e cercare modi per ridurre i costi di approvvigionamento e produzione al fine di migliorare la redditività complessiva dell’ecommerce.
Compound Annual Growth Rate (CAGR): Il CAGR è un indicatore per valutare la crescita dell’e-commerce nel tempo e può essere utilizzato per scopi di analisi di mercato, pianificazione aziendale e valutazione delle performance del settore. Viene espresso come percentuale e rappresenta il tasso di crescita medio annuo dell’e-commerce durante il periodo considerato. Ad esempio, se il CAGR dell’e-commerce è del 10%, significa che l’industria è cresciuta in media del 10% ogni anno durante il periodo considerato.
Profit & Loss (P&L): misura i profitti e le perdite di un Ecommerce, calcolando la differenza tra la somma delle entrate o dei redditi guadagnati in un mese e la somma di tutte le spese sostenute in un mese
Cost Per Acquisition (CPA): misura il costo totale di un utente che intraprende un’azione specifica che porta ad una conversione
Customer Acquisition Cost (CAC): indica l’ammontare che un’azienda investe per l’acquisizione di un nuovo cliente in un determinato periodo di tempo
Click Through Rate (CTR): indica la percentuale di utenti che visualizzano una pagina o un’email e cliccano su un link presente in una di queste, permettendo così di misurare il successo dell’azienda nel catturare l’attenzione dell’utente
Revenue Per Visitor (RPV): misura il valore monetario generato da ogni singola visita di un cliente ad un sito Ecommerce
Effective Cost Per Click (eCPC): misura il prezzo pagato per ogni clic su un annuncio pubblicitario e serve sostanzialmente per monitorare il costo di acquisizione del traffico
Pay Per Click (PPC): è un modello di pubblicità online in cui l’inserzionista paga un editore ogni volta che viene “cliccato” un link pubblicitario ed è offerto principalmente dai motori di ricerca (es. Google) e dai social network (es. Facebook)
Time on site: indica quanto tempo in media ogni singolo visitatore trascorre navigando su un sito web ed è conosciuto anche come Session duration
Bounce rate: indica il numero di utenti che abbandonano un sito dopo aver visualizzato una sola pagina e senza aver effettuato alcuna azione
Pages per visit: indica il numero medio di pagine visitate da ogni utente per ogni visita e può essere considerato come punto di riferimento per valutare l’interesse del possibile consumer rispetto ad un sito Ecommerce
Average session duration: misura la quantità di tempo trascorso in media per ogni sessione su un sito web
Customer Lifetime Value (CLV): indica il valore complessivo nel tempo di un cliente per l’azienda. Questo valore economico viene calcolato considerando la dimensione media degli acquisti di ciascun cliente, il numero di acquisti effettuati da un cliente in un anno e i margini di profitto medi per determinare un margine di profitto medio annuo per cliente
Customer retention rate: indica la capacità di un’azienda di mantenere relazioni con i clienti nel breve e lungo periodo, aspetto fondamentale per il successo dell’impresa
Annual repurchase rate: corrisponde al tasso di riacquisto annuale, ovvero quanti clienti ogni anno ritornano e si possono quindi definire fidelizzati
Customer Satisfaction (CSAT): misura la soddisfazione dei clienti per i prodotti, i servizi e la capacità di un’azienda. Generalmente per determinare questa metrica vengono impiegati alcuni sondaggi
Churn rate (CR): indica il tasso di abbandono espresso in percentuale rispetto alla propria base clientelare ed in particolare esprime la media dei clienti che smettono di comprare i prodotti, o usufruire di servizi in un dato periodo di tempo, rispetto al numero totale dei clienti nello stesso periodo. Per calcolarlo sono necessari il numero esatto dei clienti all’inizio del periodo e il numero di quelli alla fine dello stesso periodo
Ratio of new and return orders: confronta i clienti nuovi con quelli abituali e definisce il tipo di fidelizzazione che caratterizza un determinato sito Ecommerce
Repeat purchase rate: misura il tasso di riordino, cioè la percentuale di clienti che effettuano più di un acquisto in una determinata azienda e serve quindi per andare a valutare qual è il grado di fedeltà della base di clienti
Site traffic: indica il numero totale delle visite degli utenti ad un sito web di Ecommerce ed è usato per misurare la sua efficacia nell’attrarre pubblico
Subscribed to the newsletter list: identifica il numero di clienti che attraverso la propria iscrizione hanno già manifestato il proprio interesse verso una determinata azienda
Social followers and fans: misura la fedeltà dei clienti attraverso il conteggio dei followers sui vari social come Facebook, Instagram, Twitter e Snapchat. Questo indicatore è assimilabile ad una “vanity metric”, che non restituisce informazioni utili a decretare il successo della strategia attuata, ma che offre informazioni sul livello di visibilità di un determinato profilo social
Social media engagement: indica quanto sono attivi i followers nell’interazione sui social media
Net Promoter Score (NPS): indica la probabilità che i clienti raccomandino un determinato sito e serve quindi a valutare il grado di fedeltà dei clienti
Customer Retention Rate (CRR): misura il numero di clienti che l’azienda mantiene in un determinato periodo di tempo. Per calcolarlo occorre raccogliere dati come il numero totale di clienti all’inizio del periodo, il numero totale di clienti alla fine di questo periodo ed il numero totale di nuovi clienti acquisiti durante questo periodo
Number and quality of reviews: indica il numero delle recensioni e valuta il sentiment di esse, fornendo un prezioso feedback e permettendo eventualmente di ridefinire la strategia
Delivery on promise: misura la performance ed il servizio dei reparti di backoffice, logistica e delivery
Cost Per Order (CPO): misura il costo sostenuto al fine di generare un ordine online, prendendo in considerazione sia i clienti nuovi sia quelli di ritorno
New customer orders vs acquired customer orders: confronta i nuovi clienti di un sito Ecommerce con quelli abituali, poiché in ottica di aumentare le entrate è importante non solo acquisire nuovi clienti, ma anche fidelizzare quelli già esistenti
Affinity between products: indica quali prodotti generalmente sono acquistati insieme e quindi viene generalmente considerata come una metrica di riferimento per le strategie di promozione incrociata
Relationship between products: indica quali prodotti generalmente sono visualizzati consecutivamente. Anche questa come la precedente è una metrica importante per le strategie di promozione incrociata
Inventory levels: quantifica le scorte di prodotti disponibili in magazzino in un determinato momento, i tempi di giacenza, la velocità di movimentazione e molto altro
Price competitiveness: misura e monitora il successo e la crescita di un Ecommerce rispetto se stesso e rispetto alla propria concorrenza facendo riferimento in particolare al meccanismo dei prezzi
Mobile website traffic: indica il numero di utenti che visitano un sito web da mobile, e segnala quanto sia quindi importante l’ottimizzazione del sito per gli smartphone
Subscribed to the newsletter: indica il numero di utenti iscritti alla mailing list di un Ecommerce e quindi identifica quali potrebbero essere i potenziali consumatori
Email open rate: indica la percentuale di iscritti che apre le email e può essere utile per gestire gli utenti inattivi o per segnalare la necessità di un oggetto email più accattivante
Unsubscribing from mailing list: indica il numero totale o la percentuale di utenti che si sono cancellati dalla mailing list
Chat sessions started: indica il numero di sessioni di chat iniziate, ovvero quanti utenti hanno utilizzato il servizio di assistenza virtuale presente su un sito
Average position: indica la posizione e la performance di un sito Ecommerce a livello di SEO e di pubblicità a pagamento
Customer service email count: indica il numero di email ricevute dal servizio clienti in un determinato periodo di tempo
Call customer service: indica il numero di telefonate ricevute dal servizio clienti in un determinato periodo di tempo
First response time: indica il tempo medio che un cliente deve attendere per ottenere una prima risposta alla sua richiesta. E’ necessario monitorarlo e cercare di ridurlo
Average Resolution Time (ART): indica il tempo medio impiegato dell’assistenza del sito per risolvere tutti i ticket aperti in un determinato periodo di tempo
Marketing qualified leads (MQLs): indica un lead che ha mostrato interesse per ciò che un marchio ha da offrire in base agli sforzi di marketing o che ha maggiori probabilità di diventare un cliente rispetto ad altri lead. Si tratta sostanzialmente di clienti che hanno interagito con il team di marketing ma che non sono pronti a ricevere una chiamata di vendita
Sales qualified leads (SQLs): è un potenziale cliente che ha mostrato l’intenzione di acquistare i prodotti di un’azienda e ha soddisfatto i criteri di qualificazione del lead di un’organizzazione che determinano se un acquirente è adatto o meno
Product qualified leads (PQLs): è un lead che ha sperimentato il valore del prodotto tramite una prova gratuita o un modello freemium e che ha mostrato interesse a diventare un cliente pagante
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