Per Martech si intende il connubio tra marketing e tecnologia il cui obiettivo principale è la gestione della relazione con il cliente.
I servizi di automazione del marketing si stanno sviluppando in molte direzioni. I principali in crescita sono il Conversational Marketing & Chat (+70%), la Governance dei dati e gestione dei processi GDPR (+68%), la gestione dei progetti e workflow (+41%), la gestione automatizzata della promozione su carta (+35%), il video marketing (+26%) e la gestione della vendita di prossimità (+15%).
In particolare alcuni operatori che si stanno posizionando in Italia in questi ambiti sono legati ad esempio alla gestione integrata di tutti i processi di spedizione da operatori diversi. Come Qapla.it che permette di gestire tutte le spedizioni integrandosi nelle varie piattaforme e con i tracking dei vari corrieri, permettendo di spedire email ai clienti in automatico per gestire il customer service e stimolare nuovi acquisti.
Sul fronte del monitoraggio dei prezzi della concorrenza, la gestione dei prezzi dinamici rispetto a quelli fissi permette di aumentare il fatturato fino al 25%. I prezzi possono essere fatti variare automaticamente in base ad una serie di fattori interni ed esterni, come le scorte di magazzino, il periodo del giorno, il numero di visite e, soprattutto, i prezzi della concorrenza. L’operatore italiano Competitoor.it permette di monitorare i prezzi dei prodotti simili venduti da terzi per ottimizzare in tempo reale il pricing per ogni canale gestendo anche i prezzi dinamici.
Dal punto di vista della relazione con il cliente rimangono importanti le email, ma ancora più importanti sono i messaggi durante la sua esperienza di acquisto. Ad esempio, Transactionale.com permette di interagire con il cliente mentre sta acquistando inviando messaggi personalizzati nel sito stesso.
La bontà di un sito e-commerce può essere misurata in particolare con la metrica del tasso di conversione tra visitatori e acquirenti. Il tasso di conversione medio è del 1,5%. Grazie anche alla richiesta del prodotto Salute e bellezza (all’interno delle quali abbiamo anche le farmacie) detiene oggi il podio con il 2,2%. Al fondo della classifica abbiamo la Moda con lo 0,9%.
A livello mondiale le leve principali di conversione rimangono legate agli sconti sul prezzo. Tuttavia a parità di sconto alcune tipologie si dimostrano più efficaci. In particolare la consegna gratuita è ritenuta un driver di acquisto dal 51,1% degli acquirenti mondiali, seguito dai coupon (39,2%). Le recensioni degli altri clienti risultano il terzo sul podio con il 33,5%.
Rispetto alle attività di promozione online del proprio brand, le aziende italiane stanno nuovamente trovando difficoltà dopo un anno di facilità dovuta al lockdown e ad una domanda di beni online che superava l’offerta. Il 32% delle aziende intervistate dichiara di essere soddisfatto e di aver trovato la strada giusta per promuovere il proprio brand (-16% rispetto all’anno scorso). L’attività di promozione online continua ad essere ritenuta difficoltosa dal 55% delle aziende (+12% dallo scorso anno). Il 14% dichiara insoddisfacente l’attività, non riuscendo a trovare un sistema con un buon rapporto costi/risultati.
Dopo un anno di relativa facilità nell’acquisire nuovi clienti, il tema dell’advertising e del marketing diventa di nuovo centrale.
Il costo di acquisizione medio in Italia è di 34,4 euro con forti differenze tra settori. La Moda, ad esempio, è il settore più costoso con 93 euro per ottenere un cliente, mentre in settori come l’Alimentare è sufficiente investire in marketing 25 euro, in Casa-Ufficio e Arredamento 26 euro, per l’Elettronica di consumo 33 euro.
Tra le attività di marketing, quelle SEM (Search Engine Marketing) continuano a raccogliere la maggior parte degli investimenti (24%) con un forte incremento rispetto allo scorso anno (19%). Al secondo posto con il 14% troviamo le attività SEO (Search Engine Optimization). Al terzo posto i Social Media con il 13%, a seguire Email marketing con il 9%, Display advertising con il 6%, Comparatori con il 5%, Remarketing e Retargeting con il 5%. Le sponsorizzazioni perdono due punti percentuali e passano al 5%, Affiliazione rimane al 3% e il Programmatic si alza al 5%.
Una nota particolare va a Tv, Radio e Stampa che dopo essere scesi dal 13% al 5% lo scorso anno, riprendono quota al 7%. Confrontando i dati tuttavia si nota che ad investire sui media tradizionali sono soprattutto le aziende che si dichiarano insoddisfatte dei risultati della strategia promozionale.
Maggiore è la comprensione del cliente, maggiore è la probabilità di ottenere successo. Numerose aziende si focalizzano sul prodotto o servizio offerto e non sull’intera esperienza del cliente. Mettere le persone al centro significa pensare con la testa dei clienti, immergersi nel loro mondo, provare ciò che i clienti provano e poi inventare per loro. E’ necessario un cambiamento di mindset per poi far evolvere processi e tecnologia, con l’obiettivo di portare il punto di vista del cliente nei tavoli dove vengono prese le decisioni.
Grazie all’ascolto e alla conoscenza granulare dei bisogni dei clienti la customer centricity offre la possibilità di allineare le strategie dell’azienda alle esigenze del cliente, creando un vantaggio difficile da copiare o annullare per i competitor.
Spostare l’attenzione dal prodotto/servizio offerto all’intera customer experience, consente di creare valore in un modo che sia intimamente legato alle caratteristiche dei clienti, in una logica di miglioramento continuo.
La Customer Centricity rappresenta la chiave per creare esperienze prive di difficoltà per aumentare la soddisfazione, ma anche per comprendere le esigenze future e anticipare i nuovi bisogni.
Tra le diverse modalità con cui le aziende di e-commerce italiane hanno scelto di interpretare il concetto di customer centricity ci sono: l’utilizzo evoluto di un sistema CRM e costante analisi dei dati (57%), l’adozione di una strategia strutturata di Customer Centricity (46%), gli strumenti di a/b testing per il miglioramento continuo (33%), le ricerche di mercato e studi ad hoc (27%), l’invio costante di survey verso la base clienti (26%), i focus group e interviste mirate (12%) e l’utilizzo di sistemi di Voice of Customer (11%).
Sei aziende su dieci non utilizzano software dedicato di supporto al Customer Centricity. Tra coloro che li utilizzano, ad emergere è Salesforce con il 28% di utilizzatori, seguito a distanza da Getfeedback (4%), Qualtrics (3%), Medalia (3%) e Sprinklr (3%).
Pagina successiva »« Pagina precedenteLo scorso anno ha visto l’accelerazione di alcuni trend che prenderanno piede durante il 2022. In particolare:
Il social shopping si sta evolvendo verso il Live video. Il social shopping è stimato per un valore di 315 miliardi di dollari nel 2021 a livello mondiale.
I social media che ancora non avevano le funzionalità di acquisto come Twitter le stanno inserendo. Shopify ha stretto una partnership con Tiktok per la vendita online sul social media che ha emulato i servizi già presenti su Facebook e Instagram. Il fenomeno di vendere live i prodotti online è un’evoluzione del social shopping e delle televendite con la grande differenza del rapporto diretto con gli spettatori in tempo reale.
Questa modalità di vendita si è sviluppata in Cina dove si stima un fatturato di 423 miliardi per il 2022 aumentando dell’85% rispetto all’anno precedente e oggi si sta espandendo anche in Europa e Stati Uniti. Molti operatori hanno aperto canali ad hoc come Amazon Live e Taobao Live. Walmart, gigante della grande distribuzione che ha iniziato a utilizzare TikTok proprio per vendere i prodotti durante le live. Altri hanno creato canali specializzati come l’italiana Marlene o le statunitensi Bambuser e Livescale.
La diffusione degli assistenti vocali ha visto un’accelerazione con il lockdown e si prevede di raggiungere il numero di 8 miliardi entro il 2023 con un tasso di crescita del 25%.
La diffusione di questi oggetti (in particolare Alexa, Google Assistant e Siri) ha reso molto interessante la vendita di prodotti ad alto tasso di riordino con la voce. Oltre alla possibilità di acquistare su Amazon da Alexa è anche possibile integrarsi come hanno fatto Just Eat e Uber permettendo un acquisto con la semplice richiesta ad alta voce.
Dopo i primi esperimenti di integrazione dell’online con i negozi esistenti da parte dei retailer oggi si sta passando al passo successivo progettando gli spazi fisici con un modello di business integrato online. Ad esempio Ikea ha aperto il suo primo negozio di piccolo formato (4500 m2) a Londra, dove i clienti potranno acquistare fisicamente solo metà dei circa 4mila prodotti esposti. Tutti gli altri potranno essere ordinati per una consegna a casa. Dall’altro lato, chi cerca online su alcuni siti come Ikea, Decathlon e Argos può verificare la presenza di uno specifico prodotto presso il negozio fisico più vicino.
La realtà aumentata permette di vedere il prodotto nel suo ambiente definitivo o indossato mentre si sta scegliendo.
Ad esempio, Ikea Place App permette di posizionare virtualmente un mobile nella nostra stanza, Dulux Visualizer App crea foto e video della propria stanza con i colori delle pareti ripitturate, Lego Hidden Side permette di vedere feature nascoste delle proprie costruzioni, Wanna Kicks app permette di vedere calzate le scarpe da acquistare, Warby Parker di scegliere gli occhiali e vedere come stanno addosso. Queste feature sono abilitate da servizi white label come Threekit e Atlatl.
La generazione dei millennial ha iniziato ad adottare l’alternativa alle carte di credito con borsellini buy-now-pay-later che permettono senza processi autorizzativi particolari di rateizzare gli acquisti. In Italia ci sono infatti solo 15 milioni di carte di credito e sono poco adottate dai più giovani che hanno trovato soluzioni alternative. Il sistema si presta particolarmente per la moda e beauty oltre che per l’elettronica di consumo. In Italia l’operatore svedese Klarna è il leader per queste soluzioni che sta portando anche sul retail fisico con approvazione immediata. Esistono tuttavia sempre più soluzioni integrate nei processi di acquisto, come Amazon che ha integrato il pagamento a rate di Cofidis in molti dei prodotti in vendita. Soisy, infine, propone un servizio simile che si basa su finanziamenti peer to peer garantendo agli investitori un ritorno del 4% e approvazione in 3 minuti.
Fino ad oggi il metaverso si è limitato ad essere una parola di cui tutti parlano, ma che nessuno ha ancora codificato. E’ tra tutti il trend più etereo, ma quello che dal punto di vista marketing potrà avere più effetto per gli operatori che vorranno esplorarne il senso. Le tecnologie che sono già mature sono: gli ambienti 3D virtuali, eredi di Second Life che permettono di regalare esperienze ai clienti; e le transazioni tra oggetti (digitali e fisici) che oggi sono abilitati da parte delle criptovalute e degli smart contract.
Alcune delle maggiori aziende, come Meta e Microsoft, stanno guidando la corsa alla creazione degli ambienti virtuali che popoleranno il Metaverso.
Gli utenti possono accedere tramite visori 3D, con avatar realistici, incontrare altri utenti, creare oggetti o proprietà virtuali, andare a concerti, conferenze, viaggiare e altro.
Nei primi nove mesi del 2021, 6.700 imprese hanno dichiarato fallimento (+43,6% anno su anno, ma più basso del 16% rispetto al pre-pandemia: questo è dato dal fermo dell’attività dei tribunali durante il lockdown). Il 29% delle aziende fallite apparteneva al commercio, il 24% ai servizi, il 18% all’edilizia e il 16% all’industria. Nei primi sei mesi del 2021 sono diminuite anche le aperture di nuove attività. A causa della crisi non sono nate circa 75 mila imprese di cui un terzo sarebbero state nel commercio e nel turismo.
La spesa media per e-shopper italiani è ormai significativa, pari a 1.608 euro nell’anno. Ma è l’estero la componente importante: il 67% degli utenti ha acquistato online da siti esteri e praticamente la totalità ha acquistato tramite marketplace: il 95% su Amazon, il 46% su eBay (in discesa dal 52% dell’anno precedente) e il 45% su Zalando.
Gli Stati europei, compreso quello italiano, hanno iniziato a muoversi a tutela delle società (e del fisco) locali. Lo hanno fatto tramite attività di boicottaggio contro marketplace accusati di vendere prodotti pericolosi, come il governo francese contro Wish, con multe per la gestione scorretta dei dati personali dei clienti, o infine con multe comminate per abuso di posizione dominante, come lo Stato italiano contro Amazon con la multa di €1,1 miliardi.
Dall’altro lato, nonostante la crescita importante dell’e-commerce in Italia, meno del 15% delle imprese guadagna almeno un euro su cento dall’e-commerce. In Europa la media è del 20%, con un picco del 37% in Danimarca. Questo dato conferma che al momento stiamo accusando i problemi del cambiamento di modalità di vendita, ma ad approfittarne sono in particolare le aziende oltralpe che vendono anche ai clienti italiani.
Rischiamo quindi di rallentare gli operatori statunitensi da una parte, aprendo la porta a quelli europei.
Si stima che questa trasformazione farà perdere al comparto del retail italiano 3,7 miliardi di euro nei prossimi 4 anni anche per via della compressione dei margini.
Sul fronte delle infrastrutture italiane stiamo vedendo miglioramenti importanti. Ad esempio, il 75% del totale delle linee a banda larga ha raggiunto velocità pari o superiori ai 30 Mbit/s migliorando di molto l’accesso a contenuti multimediali a supporto della vendita.
Internet è diventato anche luogo per informarsi, con il 30% della popolazione tra i 14 e gli 80 anni che si informa su Facebook, il 12,6% su Youtube, il 3% su Twitter. In linea generale i social media vengono utilizzati insieme ad altre fonti di informazione, ma per 4 milioni di italiani sono l’unica fonte.
A livello di visite, i marketplace più visitati dagli italiani nel 2021 sono stati Amazon.it (180,5 milioni di visite mensili), eBay Italia (76,9), Mediaworld (11.3), Unieuro (10,4), AliExpress (8,65), Zalando Italia (8,1), IBS (6,3), Decathlon (5,9), ePrice (5,15) ed Esselunga (5,1).
In Italia la diffusione dell’online tra la popolazione (dai 2 anni in su), nel mese di gennaio 2022, ha raggiunto quota 76,3% (+1,4% rispetto all’anno precedente) con 45 milioni di utenti unici mensili e un incremento di 300 mila. Un segno che riporta alla normalità la crescita che nell’anno precedente con il lockdown aveva portato 3,2 milioni di nuovi utenti internet. Gli utenti che accedono da smartphone sono 38,9 milioni (il 90% della popolazione maggiorenne). Nel giorno medio sono connesse 33,6 milioni di persone e il 77,9% lo fa da smartphone, per un tempo medio di 2 ore e 16 minuti.
Il valore del fatturato e-commerce in Italia nel 2021 è stimato in 64,01 miliardi di euro, con una crescita annuale del 33%, andando a consolidare gli oltre 3 milioni di nuovi clienti entrati sul mercato nel 2020 durante il lockdown.
Ed è proprio nel 2021 che abbiamo visto nel primo trimestre un forte incremento dell’e-commerce: l’Italia ha registrato un +78%, quarto Paese con il maggior aumento percentuale dopo Canada, Olanda e Regno Unito.
Il coronavirus ha continuato a determinare le sorti di molti operatori in positivo o negativo durante il 2021, ma in modo molto più attenuato rispetto all’anno precedente. Ad essere meglio impattati sono i settori di Alimentare e Casa-Ufficio e Arredamento. Ad aver continuato a subire le conseguenze sono stati in particolare Turismo e Mobilità. Chi dichiara un aumento del fatturato, in media lo ha visto crescere del 37% grazie al coronavirus. Chi ha perso business, in media ha lasciato sul campo il 34% del fatturato.
L’impatto del lockdown ha avuto un forte impatto sui rapporti di forza tra settori che sono in continua evoluzione. Il Tempo libero, da anni il settore più importante, continua ad esserlo e rappresenta il 48% del fatturato. L’incidenza positiva è data in particolare dalla crescita del gioco online, così come degli acquisti legati agli hobby e allo sport.
Al secondo posto nella distribuzione dei fatturati, salgono di una posizione i Centri Commerciali online con il 22%, contro il 21% dell’anno precedente. La crescita in termini di fatturato è del 40%.
Il Turismo è il settore più penalizzato, con una perdita nel 2020 del 58% ed una ripresa nel 2021 del 29%, non andando ancora a compensare l’impatto della pandemia. Come lo scorso anno rappresenta l’11% del fatturato totale, ancora lontano dal 26% del 2019.
A seguire le Assicurazioni che scendono leggermente in termini di share (4% sul totale) con una percentuale di crescita annua del 5%.
L’Elettronica di consumo cresce del 21% con un 4% sul totale fatturati; segue la Moda: stabile al 2% del totale, ma che continua la sua crescita con un +36% nel 2021 dopo il 14% nel 2020 rispetto al 2% del 2019.
Per l’Editoria le vendite online sono cresciute del 19% e il settore riesce a mantenere circa il 2% di share.
Chiudono la classifica Salute e Bellezza / Casa e Arredamento. Questi due settori pesano ancora molto poco sul totale, l’1% ciascuno, ma nel corso del 2021 sono cresciuti considerevolmente. Il primo è quello che ha registrato la crescita maggiore (dopo il settore Alimentare) del 38%, mentre il secondo si attesta su una crescita del 24%, in linea con la crescita dello scorso anno.
Lo scontrino medio dei siti e-commerce italiani è di 134,9 euro con forti differenze tra settori. L’Editoria è il settore con scontrini più limitati (39 euro) mentre l’Arredamento ha lo scontrino medio più elevato (214 euro).
Il 2022 vedrà ancora cambiare i rapporti di forza con un probabile exploit del Turismo che oltre a riprendere le quote di mercate perse sul campo del lockdown deve ancora beneficiare dei 3,5 milioni di utenti internet aggiuntivi che gli ultimi due anni ci hanno portato.
In media un sito di e-commerce italiano prevede per il 2022 di crescere del 34,7% in termini di fatturato. A stimare una maggiore crescita è il comparto del Turismo (+60%) che spera in una ripresa post emergenza sanitaria, seguito da Salute e Bellezza (+49%) che ha visto soprattutto il farmaceutico sdoganarsi online e allargarsi ora a prodotti non direttamente correlati al coronavirus. A seguire si prevede cresceranno di più Alimentare (+37%), Moda (+36%), Casa-Ufficio e Arredamento (+31%), Elettronica di consumo (+28%), Centri commerciali online (+10%) e infine, con una crescita più contenuta, Tempo libero (+7%) ed Editoria (+2%).
Tra i principali obiettivi della strategia digitale, che si pongono le aziende intervistate per il 2022, compaiono: per il 59% aumentare il profitto/fatturato, 45% l’obiettivo di acquisire nuovi clienti, per il 36% fidelizzare gli attuali, per il 28% aumentare l’awareness, per il 24% guadagnare quote di mercato rispetto ai competitor (in particolare per il settore Casa-Ufficio e Arredamento) , mentre per il 4% altri obiettivi.
Il fatturato è ancora principalmente derivato dal proprio sito (69,5%), tuttavia la percentuale degli altri canali si sta alzando in modo importante, in particolare dai marketplace (17,8%).
In cima alla lista dei top 100 siti di e-commerce italiani più popolari ci sono i marketplace che stanno investendo tutto sul servizio: è un settore molto concentrato e infatti rappresentano il 16% degli operatori in classifica, tuttavia rimangono in testa occupando tutto il podio.
I produttori stanno iniziando a posizionarsi nel mondo dell’e-commerce e rappresentano il 35% degli operatori in classifica (pos. media 46). Molti avevano creato un canale e-commerce sperimentale, ma dopo la pandemia i volumi hanno iniziato a giustificare la gestione del rischio del conflitto con altri canali. A rimanere schiacciati tra i due sono i retailer, una volta al centro del modello di business on line, che oggi – nonostante rappresentino ancora circa metà degli operatori in classifica – non riescono più a conservare le prime posizioni. Per questo motivo alcuni retailer stanno iniziando a evolvere il loro modello di business come Decathlon che dallo scorso anno ha iniziato a trasformarsi in marketplace presentando sul proprio sito anche prodotti di partner per diventare il principale punto d’ingresso al mondo degli articoli sportivi.
Pagina successiva »« Pagina precedenteGli utenti che accedono ad Internet nel mondo sono 4,95 miliardi (+4,8%YoY), oltre il 62% della popolazione totale mondiale. La maggior parte degli utenti di Internet utilizza i dispositivi mobili per connettersi e per il primo anno gli acquisti mobile mondiali hanno superato quelli desktop.
In Cina, oggi vero traino emergente dell’e-commerce, il numero di utenti internet è pari a 1,011 miliardi, 21,75 milioni in più dell’anno precedente. La penetrazione di internet è pari al 71,6% (+1,2% YoY) e il numero di mobile internet users è pari a 1 miliardo di utenti.
Il mobile rappresenta in media il 54,79% del traffico mondiale, mentre il 42,73% proviene da desktop e il 2,48% da tablet. Mentre in Europa e Nord America le percentuali sono più o meno equivalenti, in Africa e Asia si riscontrano picchi rispetto al traffico mobile che raggiunge il 64%.
Il 2022 vedrà l’e-commerce mondiale superare la soglia dei 5mila miliardi di dollari di fatturato con un euro su cinque spesi sul retail online. Una crescita che aumenterà ancora visto che almeno per i prossimi tre anni il fatturato mondiale e-commerce crescerà a due cifre.
Gli acquirenti mondiali hanno ormai superato i 3,78 miliardi aumentando nel solo 2021 di circa il 10% con 344 nuovi acquirenti online. Ogni cliente in media spende $1017 l’anno con un aumento di spesa del 7,4% solo nell’ultimo anno. Anche qui le differenze mondiali sono importanti spaziando dai $1.290 degli italiani ai $3.183 dei residenti di Hong Kong o dei $3.105 degli statunitensi.
Lo scorso anno il 58,4% degli internet users ha comprato un prodotto o un servizio online nella settimana di riferimento e il 28,3% ha fatto un acquisto presso un supermercato. Le differenze mondiali sono ampie come dimostra il fatto che in Italia il 47,6% di cittadini tra i 16 e i 64 anni ha compiuto in media un acquisto nella settimana comparato con il 68,3% dei thailandesi o il 64,5% dei messicani.
L’area Asia-Pacifico è il vero nuovo traino di questo mercato e raggiunge da sola un fatturato pari a 2.992 miliardi di dollari (2.448 miliardi nel 2020). La Cina rappresenta il 52,1% del mercato (48% lo scorso anno), oltre due volte e mezza il mercato USA che raggiungono quota 886,2 miliardi di dollari (+16,2%), ovvero il 20% delle vendite retail USA.
Dall’altro canto il mercato statunitense è trai più concentrati ed infatti il 53% delle vendite e-commerce degli Stati Uniti è prodotto dai 5 maggiori player: amazon.com, walmart.com, bestbuy.com, homedepot.com e target.com.
Per il prossimo anno ci si aspetta che il fatturato e-commerce raggiunga i 4.225.309 milioni di dollari, di cui 1.535.304 milioni generati dalla Cina. La penetrazione degli utenti sarà del 53,8% nel 2022 e dovrebbe raggiungere il 62,4% entro il 2025. Tra le previsioni di crescita maggiore si evidenziano la Turchia (14,59%), l’Argentina (12,76%), l’Indonesia (10,21%), il Sud Africa (10%), l’India (9,58%).
La vendita online ormai insidia il settore del retail fisico in generale. Nel 2021 l’82% del fatturato al dettaglio è stato prodotto offline, mentre il 17,9 online (+0,7% per l’online), ma il trend generale accelerato dal lockdown dimostra come la convivenza tra i due canali è ormai inevitabile.
Solo un anno dopo il numero record di negozi chiusi, il negozio al dettaglio è tornato in auge, con più aperture di negozi che chiusure nel 2021. I principali rivenditori hanno infatti annunciato 5.083 aperture di negozi rispetto a 5.079 chiusure, segnalando che i rivenditori stanno raggiungendo un equilibrio tra acquisti online e in negozio nell’era dell’e-commerce. La pandemia ha portato anche un’evoluzione dello shopping in store, infatti si stima che la percentuale di utenti che si aspetta di effettuare interazioni con i negozi fisici sia ben superiore ai dati pre-pandemia.
Rispetto ai settori il più alto tasso di penetrazione per le vendite online lo registra il settore Elettronica, in cui il 30,3% degli utenti ha acquistato online (+4% Y0Y), Moda 28,8% (3,4%), Bellezza e Salute (19,3%, +2% rispetto all’anno prima), Alimentari 10% (+1%), Arredamento 14% (+2%), Media 21,2% (+3%), Hobby/DYD 24,2% (+4%).
I settori che hanno visto i maggiori incrementi in termini di fatturato a livello mondiale sono Elettronica 12,5%, Moda 17,5%, Bellezza e Salute 21%, Alimentari 37,8%, Arredamento 12,5%, Media 10,5%, Hobby/DYD 17,5%. Le nuove tecnologie stanno spingendo anche le categorie di prodotto storicamente più difficili da vendere online.
Entro il 2025 infatti, dal 10% al 15% di tutte le automobili verrà venduto online, aggiungendo oltre 150 miliardi di dollari all’anno ai ricavi dell’e-commerce. Anche altre categorie costose, come gioielli e mobili, accelereranno i loro ricavi online.
Il 60% dei cittadini europei ormai acquista online e il fatturato e-commerce europeo ha avuto anche nel 2021 un’accelerazione arrivando a valere 732 miliardi di dollari.
Il Regno Unito rimane il mercato più grande in Europa, con 104 miliardi di dollari e un aumento del 7% in un anno.
La Germania invece genera 95 miliardi di dollari di fatturato, in crescita dell’8%. A seguire Francia con 58,9 miliardi e Spagna con 23,8 miliardi di fatturato e-commerce.
Dal punto di vista normativo lo scorso anno ha visto diverse evoluzioni.
A fine 2021 è stata approvata quello che molti hanno visto come una norma contro l’evasione fiscale dei colossi del web: la proposta di legge sui mercati digitali del Parlamento Europeo ed è stato dato il via ai negoziati con gli Stati Membri per la definizione del Digital Markets Act.
Il fine è quello di garantire mercati digitali aperti e competitivi e di regolamentare le attività consentite alle grandi piattaforme digitali.
Il DMA è applicabile alle aziende che fatturano annualmente nello spazio economico europeo 8 miliardi di euro e con una capitalizzazione di mercato di 80 miliardi di euro. Devono fornire almeno tre Paesi dell’UE e avere almeno 45 milioni di utenti finali mensili, nonché oltre 10.000 utenti commerciali.
Inoltre devono far parte delle seguenti categorie: servizi di intermediazione online (es. Amazon), social media (es. Facebook), motori di ricerca (es. Google), sistemi operativi, servizi di pubblicità, cloud computing, browser web, assistenti virtuali, smart TV e servizi di condivisione video.
Nella vicina Svizzera chi vende via e-commerce dall’estero, già dal 2018, è soggetto ad una tassa sul venduto (IVA) del 7,7% nel caso l’azienda fatturi più di 100 mila franchi l’anno (circa 95 mila euro), una tassa che si aggiunge ad una politica diretta a favorire gli operatori nazionali a discapito dei grandi operatori internazionali. Non a caso Amazon non è presente in Svizzera, ma consegna in Svizzera dai siti dei Paesi confinanti che fanno attivare i costi di sdoganamento.
Dall’altra parte c’è stata una forte accelerazione sul fronte della semplificazione IVA paneuropea. Se fino al 2020 si era costretti ad aprire una partita IVA in ogni Paese europeo dove si superava una certa soglia di venduto (da 35mila a 100mila a seconda del Paese), oggi è possibile gestire l’IVA centralmente nel Paese di origine.
Tuttavia questo passaggio ha fatto abbassare la soglia di fatturato estero a 10 mila euro, sopra il quale se non si è registrati per il One-Stop-Shop scatta l’obbligo di aprire partita IVA in tutti i Paesi nei quali si è venduto anche un solo oggetto. Se da una parte ha semplificato di molto la gestione fiscale, dall’altra molti operatori che vendono anche solo con un sito in italiano potrebbero incorrere nel superamento della soglia anche senza saperlo. Per questo motivo stanno nascendo servizi direttamente integrati al sistema di vendita per la gestione delle dichiarazioni IVA come ad esempio Taxdoo.
A dare spinta alle nuove norme sono soprattutto le manifestazioni e le richieste da parte delle aziende e delle associazioni.
In Olanda, ad esempio, i rivenditori online hanno formato un’organizzazione chiamata E-commerce Netherlands. L’organizzazione, rivolta ai pure player, punta a rafforzare il settore e a promuovere una buona politica sociale, nonché a concordare condizioni di lavoro collettive per le società di e-commerce e sviluppare un nuovo contratto collettivo del lavoro. Allo stesso modo, due delle più grandi organizzazioni e-commerce d’Europa, hanno spinto per modificare e semplificare le regole sull’IVA anche per le aziende che depositano il proprio inventario in diversi paesi dell’UE. Attualmente infatti è necessario registrare l’IVA in ogni paese in cui si immagazzinano le scorte, anche prima che abbia avuto luogo una vendita finale, con un costo di conformità di circa 8k all’anno per Paese. Si punta dunque a estendere l’attuale sistema dello sportello unico IVA a tutte le transazioni di beni in cui il venditore non si trova nel paese dell’UE di tassazione.
Il settore Alimentare è quello che cresce maggiormente in percentuale (25%) e raggiunge quota 34 miliardi di euro di fatturato. A seguire i settori Bevande (20,1%) con 24 miliardi, Salute e Bellezza (17,8%) con 83 miliardi di euro di fatturato, Elettronica di consumo e Media (16.1%) con 173 miliardi.
Rispetto all’e-commerce cross-border, 216 milioni (su 297 milioni totali) di consumatori europei hanno effettuato acquisti all’estero. La Cina si conferma come destinazione prediletta per gli acquisti online, seguita da UK, USA e Germania.
In gran parte dell’Europa, i costi di consegna sono il fattore più importante per gli acquirenti online che scelgono da quale negozio online acquistare (55%) limitando in alcuni casi gli acquisti alla nazione di residenza. Ciò non significa necessariamente che i clienti online non siano fondamentalmente disposti a pagare per la consegna, ma la disponibilità varia a seconda del paese.
Il lockdown ha portato molti nuovi clienti online. Tuttavia questo è successo in tutti i Paesi, lasciando quindi l’Italia sempre in coda alla classifica europea e superando solo Romania e Bulgaria in termini di penetrazione.
I borsellini digitali si stanno imponendo sempre più come strumenti di pagamento soprattutto sul target più giovane che sta facendo a meno di avere una carta di credito. In Europa il borsellino digitale (44% lo utilizza per gli acquisti online) ha già superato la carta (42%) come forma di pagamento.
Il servizio del pagamento e-commerce è da tempo rimasto relegato ad una questione tecnica, ma si sta dimostrando sempre più importante per aumentare il tasso di conversione alla vendita. Un esempio di come sia sottovalutato emerge da una metrica: il 94% dei siti e-commerce più popolari in Europa ha cinque o più errori nelle pagine di pagamento. Se si unisce al fatto che il 21% dei consumatori europei abbandona un acquisto se il check-out impiega più di un minuto e il 15% dei clienti in Europa abbandona il carrello degli acquisti online quando il metodo di pagamento desiderato non è disponibile, si capisce come questo aspetto non debba essere mai sottovalutato.
Sul fronte dei pagamenti si prospettano cambiamenti importanti sul fronte dei costi per i rapporti con i cittadini del Regno Unito.
PayPal aumenterà le commissioni per le transazioni tra le aziende nel Regno Unito e quelle in Europa. La ragione di questo aumento dei prezzi è la Brexit. Con il Regno Unito che non fa più parte dello Spazio economico europeo, i costi di PayPal sono più alti del solito. A partire da novembre, la commissione salirà all’1,29%. Tuttavia, è ancora inferiore all’1,99% standard di PayPal per il resto del mondo.
PayPal non è il solo in questo. Visa e Mastercard hanno anche annunciato che quintuplicheranno le commissioni delle carte di credito e di debito a partire da metà ottobre. Come presentare nuovi prodotti online è uno dei temi che da sempre gli operatori cercano di comprendere. Il 67% degli europei desidera trovare ispirazione sul sito quando fa acquisti online. Nonostante ciò, solo il 29% dei consumatori in Europa afferma di trovare ispirazione nei negozi online. La mancanza di ispirazione o una scarsa esperienza di acquisto è quindi un ostacolo all’acquisto di prodotti da questi negozi online.
Il Live shopping risponde a questa esigenza di trarre ispirazione durante gli acquisti. Questa tendenza, proveniente dalla Cina e dal resto del sud-est asiatico, si sta affermando anche in Europa. Il 70% dei consumatori si dichiara, infatti, disponibile a partecipare a sessioni di live shopping. Ma mentre nel sud-est asiatico la maggior parte dei clienti dello shopping dal vivo sono giovani millennial, quelli interessati in Europa hanno per lo più un’età compresa tra i 32 ei 43 anni. Lo scorso anno un marchio di moda/bellezza su tre ha offerto un evento di shopping dal vivo e attualmente circa il 70% degli eventi di shopping dal vivo si è svolto sui siti Web di marchi e rivenditori. A dare impulso a questa nuova modalità di presentazione dei prodotti è una metrica fondamentale: il tasso di conversione del Live shopping può essere cinque volte superiore rispetto alla vendita digitale tradizionale.
Pagina successiva »« Pagina precedenteGli oltre 3 milioni e mezzo di nuovi clienti italiani arrivati online negli ultimi due anni grazie ai lockdown hanno iniziato a dispiegare i loro effetti sul fatturato che è cresciuto in un solo anno del 33% arrivando ad oltre 64 miliardi di euro nel 2021. Il problema principale rimane il fatto che in Italia non si investe ancora a sufficienza sull’e-commerce. Dall’altra in Europa il canale digitale rappresenta il 17% delle vendite al dettaglio.
Per questo motivo se da una parte i negozi fisici italiani nel 2021 hanno chiuso le serrande nelle migliaia, dall’altra ad approfittare del nuovo canale sono soprattutto gli operatori esteri che si stanno espandendo sul mercato italiano.
Gli Stati europei hanno comunque iniziato ad agire a protezione del mercato interno con multe per violazioni di privacy e di posizioni dominanti verso i grandi colossi internazionali e contemporaneamente hanno semplificato il commercio nel continente europeo semplificando di molto la gestione dell’IVA con il One-Stop-Shop.
Anche grazie a queste semplificazioni oggi oltre la metà degli esercenti e-commerce italiani vende all’estero con una media del 32% del fatturato ottenuto da clienti soprattutto francesi, spagnoli, tedeschi e inglesi.
Dal punto di vista del modello di business il considerevole aumento del fatturato sta spingendo le aziende con le migliori infrastrutture a essere scelte per il servizio e dall’altra parte le aziende con il controllo del prodotto a voler avere il contatto diretto con il cliente. Per questo motivo i marketplace si consolidano in cima alla classifica dei Top 100 e-commerce italiani, mentre i produttori iniziano a scalare la classifica spingendo di fatto i rivenditori a evolvere il modello di business, come ad esempio ha fatto Decathlon diventando di fatto un marketplace per essere considerato il punto di ingresso per chi cerca attrezzature sportive.
Chi riesce a diventare il punto di ingresso su internet per la ricerca di prodotti da acquistare ha anche un secondo grande vantaggio indiretto: poter ottimizzare gli investimenti pubblicitari.
La grande richiesta dei clienti durante il lockdown ha semplificato di molto l’attività di marketing. Alla fine del lockdown tuttavia sono entrati in campo gli operatori dall’estero che hanno aumentato nuovamente la competizione promozionale e dunque la complessità delle attività di marketing. Durante il 2021 gli esercenti hanno dovuto nuovamente trovare nuove modalità per attrarre i clienti. Una di queste leve che, per fortuna, si sta dimostrando importante è la sostenibilità ambientale della vendita che in Italia più che in altri Paesi ha trovato una sensibilità importante da parte dei clienti.
Il 2022 si dimostrerà probabilmente un altro anno di forte accelerazione dell’e-commerce con alcuni settori come il Turismo che con una probabile riapertura di molte attività potranno approfittare dei milioni di nuovi clienti on line.
Pagina successiva »« Pagina precedenteIl lockdown ha fatto in modo che in Italia 9 su 10 utilizzatori di Internet abbiano provato gli acquisti on line negli ultimi due anni. Tuttavia alcune categorie di persone non hanno ancora la tranquillità necessaria a fare tutti gli acquisti. Il confronto tra 16 mila clienti europei fa emergere qualche soluzione che è già stata adottata all’estero. Grazie alla visione europea di Klarna, entreremo nel merito di quali esigenze hanno alcuni cluster di clienti e le problematiche di alcuni settori merceologici con esempi di operatori che le hanno affrontate con successo.
Pagina successiva »« Pagina precedenteLa XVII edizione del convegno “Ecommerce Italia” si è tenuta il 18 Aprile 2023 a Milano con una vasta partecipazione di professionisti del mondo ecommerce e la presenza sul palco di manager di aziende di primo piano come Lego, Kiko, Norauto, Amica Farmacia, Strumentimusicali, Stripe, Charles, Idealo e Call2Net.
Da 17 anni la ricerca di Casaleggio Associati, grazie alla partecipazione delle principali aziende del panorama dell’ecommerce in Italia, esplora le innovazioni, i trend in atto, i casi più interessanti e le evoluzioni del mercato.
Pagina successiva »« Pagina precedenteLa XVI edizione del convegno “Ecommerce in Italia” si è tenuta il 5 maggio 2022.
La ricerca di Casaleggio Associati, grazie alla partecipazione delle principali aziende del panorama dell’Ecommerce in Italia, esplora le innovazioni, i trend in atto, i casi più interessanti e le evoluzioni del mercato a seguito del Covid-19.
Scopri il nuovo evento Ecommerce in Italia che si è tenuto ad Aprile 2023.
Pagina successiva »« Pagina precedenteIl 2020 ha creato una domanda di milioni di persone che non avevano mai provato prima l’online, ma soprattutto ha spostato gli investimenti di molte aziende che vedono nella vendita online la via per gestire la crisi.
Per questo motivo il 2021 sarà l’anno delle grandi manovre nel mercato dell’e-commerce con operazioni di consolidamento e un passaggio interno alle aziende dall’essere regalato ad un’area di ricerca e sviluppo diventando una parte fondamentale delle aziende.
Pagina successiva »« Pagina precedenteL’e-commerce del 2020 sarà un punto di svolta. Le previsioni come ogni anno stimavano una crescita a due cifre come ormai da quindici anni in Italia. L’effetto coronavirus cambierà le carte in tavola. Settori storicamente primi assoluti in classifica come il Turismo scenderanno per la prima volta, mentre altri come i Centri Commerciali e l’Alimentare vedranno crescite a tre cifre. Il problema della crescita per alcuni operatori nel 2020 non saranno i clienti, ma la capacità logistica di fargli fronte.
Pagina successiva »« Pagina precedente