23 Maggio 2023
- Pubblicato il:Dai dati del rapporto “Ecommerce Italia 2023″ emerge che il 65% delle aziende ecommerce intervistate da Casaleggio Associati dichiara di essere presente su almeno un marketplace. Un numero in netta crescita rispetto al 49% dell’anno precedente.
Nell’ultimo anno c’è stata una razionalizzazione del numero di marketplace in cui le aziende sono presenti, con il 46% delle imprese che dichiara di utilizzare solo due o tre piattaforme. A contenere più di altre il numero di marketplace in cui essere presenti sono soprattutto aziende del settore Moda ed Elettronica di Consumo.
Per il 27% delle aziende che vendono utilizzando i marketplace, questi incidono meno del 10% sul fatturato. Per il 12% delle aziende incide dall’11 al 25% del fatturato. A seguire, il 20% delle aziende con un’incidenza del 26-50% sul fatturato, il 18% ha incidenza dal 51 al 75%. Il 23% (in forte aumento rispetto al 9% dello scorso anno) ha invece un’incidenza maggiore al 75%. A limitare maggiormente le vendite sui marketplace sono i settori di Tempo libero e di Casa-ufficio e Arredamento.
Tenendo conto di questa pluralità di presenze, tra i marketplace più utilizzati si segnalano Amazon (34%), eBay (18%), ManoMano (7%), Privalia (3%) in forte discesa rispetto allo scorso anno, Facebook (6% rispetto al 12% dello scorso anno), E-price (2%), Zalando (3%), IBS (3%), Alibaba (1%), Aliexpress (1%) ed Etsy (2%).
A fare l’ingresso tra gli altri marketplace citati da molti sono inoltre: Leroy Merlin, Decathlon e Kasanova.
Le evoluzioni di servizio offerte dai marketplace sono sempre più numerose. Negli Stati Uniti ad esempio con Buy with Prime Amazon ha dato il via alla logistica e pagamento as a service. Le aziende potranno usare direttamente i propri siti ma con i nuovi servizi si potranno immagazzinare e consegnare i prodotti e gestire i pagamenti.
La presenza sui marketplace anche settoriali apre un tema cruciale legato al pricing. Grazie ad un’analisi di Skipper (www.skpr.com) che ha esaminato per questo studio il pricing di prodotti uguali presentati in contesti merceologici diversi risulta evidente che vendere un prodotto all’interno di un settore differente permette di marginare in modo completamente diverso.
Ad esempio, nei settori di Cosmesi e Farmacia i prodotti in comune vedono differenze tra il 10% e il 24% sempre a favore del settore Cosmesi. A rendere possibili queste diversità di prezzo importanti è la pressione competitiva presente sia in generale rispetto al numero di operatori sia per il particolare prodotto offerto.
La condivisione di prodotti uguali in settori diversi è comune in quasi tutti i settori. Ad esempio tra Farmacia e Cosmesi vengono condivisi oltre 140 brand che promuovono la loro stessa offerta in modo diverso. Ma le sovrapposizioni sono presenti anche in settori molto diversi tra di loro come Elettronica e Cosmesi che condividono oltre 30 brand, ad esempio per le piastre e asciugacapelli, o ancora tra Moda e Elettronica con oltre 35 brand in comune ad esempio per gli zaini e borse per pc.
Se da una parte questo tema può essere particolarmente importante per i produttori anche per ipotizzare prodotti targettizzati e personalizzati per il settore specifico, dall’altra i retailer possono utilizzare i marketplace settoriali per proporre i loro prodotti in contesti differenti con minore concorrenza diretta e maggiore marginalità. Ad esempio venditori di Elettronica di consumo che vendono lampade autonome potrebbero beneficiare di marketplace nell’Arredamento o anche nello sport (es. Decathlon per lampade da campeggio) per promuovere lo stesso prodotto in contesti a minore concorrenza diretta.
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