Lo stato dell’e-commerce

L’e-commerce nel mondo

Gli utenti che accedono ad Internet nel mondo sono 4,95 miliardi (+4,8%YoY), oltre il 62% della popolazione totale mondiale. La maggior parte degli utenti di Internet utilizza i dispositivi mobili per connettersi e per il primo anno gli acquisti mobile mondiali hanno superato quelli desktop

In Cina, oggi vero traino emergente dell’e-commerce, il numero di utenti internet è pari a 1,011 miliardi, 21,75 milioni in più dell’anno precedente. La penetrazione di internet è pari al 71,6% (+1,2% YoY) e il numero di mobile internet users è pari a 1 miliardo di utenti.

Il mobile rappresenta in media il 54,79% del traffico mondiale, mentre il 42,73% proviene da desktop e il 2,48% da tablet. Mentre in Europa e Nord America le percentuali sono più o meno equivalenti, in Africa e Asia si riscontrano picchi rispetto al traffico mobile che raggiunge il 64%.

Il 2022 vedrà l’e-commerce mondiale superare la soglia dei 5mila miliardi di dollari di fatturato con un euro su cinque spesi sul retail online. Una crescita che aumenterà ancora visto che almeno per i prossimi tre anni il fatturato mondiale e-commerce crescerà a due cifre.

Gli acquirenti mondiali hanno ormai superato i 3,78 miliardi aumentando nel solo 2021 di circa il 10% con 344 nuovi acquirenti online. Ogni cliente in media spende $1017 l’anno con un aumento di spesa del 7,4% solo nell’ultimo anno. Anche qui le differenze mondiali sono importanti spaziando dai $1.290 degli italiani ai $3.183 dei residenti di Hong Kong o dei $3.105 degli statunitensi.

Lo scorso anno il 58,4% degli internet users ha comprato un prodotto o un servizio online nella settimana di riferimento e il 28,3% ha fatto un acquisto presso un supermercato. Le differenze mondiali sono ampie come dimostra il fatto che in Italia il 47,6% di cittadini tra i 16 e i 64 anni ha compiuto in media un acquisto nella settimana comparato con il 68,3% dei thailandesi o il 64,5% dei messicani.

L’area Asia-Pacifico è il vero nuovo traino di questo mercato e raggiunge da sola un fatturato pari a 2.992 miliardi di dollari (2.448 miliardi nel 2020). La Cina rappresenta il 52,1% del mercato (48% lo scorso anno), oltre due volte e mezza il mercato USA che raggiungono quota 886,2 miliardi di dollari (+16,2%), ovvero il 20% delle vendite retail USA.
Dall’altro canto il mercato statunitense è trai più concentrati ed infatti il 53% delle vendite e-commerce degli Stati Uniti è prodotto dai 5 maggiori player:  amazon.com, walmart.com, bestbuy.com, homedepot.com e target.com.

Per il prossimo anno ci si aspetta che il fatturato e-commerce raggiunga i 4.225.309 milioni di dollari, di cui 1.535.304 milioni generati dalla Cina. La penetrazione degli utenti sarà del 53,8% nel 2022 e dovrebbe raggiungere il 62,4% entro il 2025.  Tra le previsioni di crescita maggiore si evidenziano la Turchia (14,59%), l’Argentina (12,76%), l’Indonesia (10,21%), il Sud Africa (10%), l’India (9,58%)

La vendita online ormai insidia il settore del retail fisico in generale. Nel 2021 l’82% del fatturato al dettaglio è stato prodotto offline, mentre il 17,9 online (+0,7% per l’online), ma il trend generale accelerato dal lockdown dimostra come la convivenza tra i due canali è ormai inevitabile.

Fatturato per cliente annuo per beni di consumo venduti online.

Fatturato per cliente annuo per beni di consumo venduti online.

Solo un anno dopo il numero record di negozi chiusi, il negozio al dettaglio è tornato in auge, con più aperture di negozi che chiusure nel 2021. I principali rivenditori hanno infatti annunciato 5.083 aperture di negozi rispetto a 5.079 chiusure, segnalando che i rivenditori stanno raggiungendo un equilibrio tra acquisti online e in negozio nell’era dell’e-commerce. La pandemia ha portato anche un’evoluzione dello shopping in store, infatti si stima che la percentuale di utenti che si aspetta di effettuare interazioni con i negozi fisici sia ben superiore ai dati pre-pandemia.

Rispetto ai settori il più alto tasso di penetrazione per le vendite online lo registra il settore Elettronica, in cui il 30,3% degli utenti ha acquistato online (+4% Y0Y), Moda 28,8% (3,4%), Bellezza e Salute (19,3%, +2% rispetto all’anno prima), Alimentari 10% (+1%), Arredamento 14% (+2%), Media 21,2% (+3%), Hobby/DYD 24,2% (+4%).

I settori che hanno visto i maggiori incrementi in termini di fatturato a livello mondiale sono Elettronica 12,5%, Moda 17,5%, Bellezza e Salute 21%, Alimentari 37,8%, Arredamento 12,5%, Media 10,5%, Hobby/DYD 17,5%. Le nuove tecnologie stanno spingendo anche le categorie di prodotto storicamente più difficili da vendere online.
Entro il 2025 infatti, dal  10% al 15% di tutte le automobili verrà venduto online, aggiungendo oltre 150 miliardi di dollari all’anno ai ricavi dell’e-commerce. Anche altre categorie costose, come gioielli e mobili, accelereranno i loro ricavi online
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L’e-commerce in Europa

Il 60% dei cittadini europei ormai acquista online e il fatturato e-commerce europeo ha avuto anche nel 2021 un’accelerazione arrivando a valere 732 miliardi di dollari.

Il Regno Unito rimane il mercato più grande in Europa, con 104 miliardi di dollari e un aumento del 7% in un anno.
La Germania invece genera 95 miliardi di dollari di fatturato, in crescita dell’8%. A seguire Francia con 58,9 miliardi e Spagna con 23,8 miliardi di fatturato e-commerce.

Dal punto di vista normativo lo scorso anno ha visto diverse evoluzioni.
A fine 2021 è stata approvata quello che molti hanno visto come una norma contro l’evasione fiscale dei colossi del web: la proposta di legge sui mercati digitali del Parlamento Europeo ed è stato dato il via ai negoziati con gli Stati Membri per la definizione del Digital Markets Act.
Il fine è quello di garantire mercati digitali aperti e competitivi e di regolamentare le attività consentite alle grandi piattaforme digitali.
Il DMA è applicabile alle aziende che fatturano annualmente nello spazio economico europeo 8 miliardi di euro e con una capitalizzazione di mercato di 80 miliardi di euro. Devono fornire almeno tre Paesi dell’UE e avere almeno 45 milioni di utenti finali mensili, nonché oltre 10.000 utenti commerciali.

Inoltre devono far parte delle seguenti categorie: servizi di intermediazione online (es. Amazon), social media (es. Facebook), motori di ricerca (es. Google), sistemi operativi, servizi di pubblicità, cloud computing, browser web, assistenti virtuali, smart TV e servizi di condivisione video.
Nella vicina Svizzera chi vende via e-commerce dall’estero, già dal 2018, è soggetto ad una tassa sul venduto (IVA) del 7,7% nel caso l’azienda fatturi più di 100 mila franchi l’anno (circa 95 mila euro), una tassa che si aggiunge ad una politica diretta a favorire gli operatori nazionali a discapito dei grandi operatori internazionali. Non a caso Amazon non è presente in Svizzera, ma consegna in Svizzera dai siti dei Paesi confinanti che fanno attivare i costi di sdoganamento.

Dall’altra parte c’è stata una forte accelerazione sul fronte della semplificazione IVA paneuropea. Se fino al 2020 si era costretti ad aprire una partita IVA in ogni Paese europeo dove si superava una certa soglia di venduto (da 35mila a 100mila a seconda del Paese), oggi è possibile gestire l’IVA centralmente nel Paese di origine.
Tuttavia questo passaggio ha fatto abbassare la soglia di fatturato estero a 10 mila euro, sopra il quale se non si è registrati per il One-Stop-Shop scatta l’obbligo di aprire partita IVA in tutti i Paesi nei quali si è venduto anche un solo oggetto. Se da una parte ha semplificato di molto la gestione fiscale, dall’altra molti operatori che vendono anche solo con un sito in italiano potrebbero incorrere nel superamento della soglia anche senza saperlo. Per questo motivo stanno nascendo servizi direttamente integrati al sistema di vendita per la gestione delle dichiarazioni IVA come ad esempio Taxdoo.

A dare spinta alle nuove norme sono soprattutto le manifestazioni e le richieste da parte delle aziende e delle associazioni.
In Olanda, ad esempio, i rivenditori online hanno formato un’organizzazione chiamata E-commerce Netherlands. L’organizzazione, rivolta ai pure player, punta a rafforzare il settore e a promuovere una buona politica sociale, nonché a concordare condizioni di lavoro collettive per le società di e-commerce e sviluppare un nuovo contratto collettivo del lavoro. Allo stesso modo, due delle più grandi organizzazioni e-commerce d’Europa, hanno spinto per modificare e semplificare le regole sull’IVA anche per le aziende che depositano il proprio inventario in diversi paesi dell’UE. Attualmente infatti è necessario registrare l’IVA in ogni paese in cui si immagazzinano le scorte, anche prima che abbia avuto luogo una vendita finale, con un costo di conformità di circa 8k all’anno per Paese. Si punta dunque a  estendere l’attuale sistema dello sportello unico IVA a tutte le transazioni di beni in cui il venditore non si trova nel paese dell’UE di tassazione.

Il settore Alimentare è quello che cresce maggiormente in percentuale (25%) e raggiunge quota 34 miliardi di euro di fatturato. A seguire i settori Bevande (20,1%) con 24 miliardi, Salute e Bellezza (17,8%) con 83 miliardi di euro di fatturato, Elettronica di consumo e Media (16.1%) con 173 miliardi.

Rispetto all’e-commerce cross-border, 216 milioni (su 297 milioni totali) di consumatori europei hanno effettuato acquisti all’estero. La Cina si conferma come destinazione prediletta per gli acquisti online, seguita da UK, USA e Germania.

In gran parte dell’Europa, i costi di consegna sono il fattore più importante per gli acquirenti online che scelgono da quale negozio online acquistare (55%) limitando in alcuni casi gli acquisti alla nazione di residenza. Ciò non significa necessariamente che i clienti online non siano fondamentalmente disposti a pagare per la consegna, ma la disponibilità varia a seconda del paese.

Il lockdown ha portato molti nuovi clienti online. Tuttavia questo è successo in tutti i Paesi, lasciando quindi l’Italia sempre in coda alla classifica europea e superando solo Romania e Bulgaria in termini di penetrazione.

I borsellini digitali si stanno imponendo sempre più come strumenti di pagamento soprattutto sul target più giovane che sta facendo a meno di avere una carta di credito. In Europa il borsellino digitale (44% lo utilizza per gli acquisti online) ha già superato la carta (42%) come forma di pagamento.

Il servizio del pagamento e-commerce è da tempo rimasto relegato ad una questione tecnica, ma si sta dimostrando sempre più importante per aumentare il tasso di conversione alla vendita. Un esempio di come sia sottovalutato emerge da una metrica: il 94% dei siti e-commerce più popolari in Europa ha cinque o più errori nelle pagine di pagamento. Se si unisce al fatto che il 21% dei consumatori europei abbandona un acquisto se il check-out impiega più di un minuto e il 15% dei clienti in Europa abbandona il carrello degli acquisti online quando il metodo di pagamento desiderato non è disponibile, si capisce come questo aspetto non debba essere mai sottovalutato. 

Sul fronte dei pagamenti si prospettano cambiamenti importanti sul fronte dei costi per i rapporti con i cittadini del Regno Unito.
PayPal aumenterà le commissioni per le transazioni tra le aziende nel Regno Unito e quelle in Europa. La ragione di questo aumento dei prezzi è la Brexit. Con il Regno Unito che non fa più parte dello Spazio economico europeo, i costi di PayPal sono più alti del solito. A partire da novembre, la commissione salirà all’1,29%. Tuttavia, è ancora inferiore all’1,99% standard di PayPal per il resto del mondo.
PayPal non è il solo in questo. Visa e Mastercard hanno anche annunciato che quintuplicheranno le commissioni delle carte di credito e di debito a partire da metà ottobre. Come presentare nuovi prodotti online è uno dei temi che da sempre gli operatori cercano di comprendere. Il 67% degli europei desidera trovare ispirazione sul sito quando fa acquisti online. Nonostante ciò, solo il 29% dei consumatori in Europa afferma di trovare ispirazione nei negozi online. La mancanza di ispirazione o una scarsa esperienza di acquisto è quindi un ostacolo all’acquisto di prodotti da questi negozi online.

Il Live shopping risponde a questa esigenza di trarre ispirazione durante gli acquisti. Questa tendenza, proveniente dalla Cina e dal resto del sud-est asiatico, si sta affermando anche in Europa. Il 70% dei consumatori si dichiara, infatti, disponibile a partecipare a sessioni di live shopping. Ma mentre nel sud-est asiatico la maggior parte dei clienti dello shopping dal vivo sono giovani millennial, quelli interessati in Europa hanno per lo più un’età compresa tra i 32 ei 43 anni. Lo scorso anno un marchio di moda/bellezza su tre ha offerto un evento di shopping dal vivo e attualmente circa il 70% degli eventi di shopping dal vivo si è svolto sui siti Web di marchi e rivenditori. A dare impulso a questa nuova modalità di presentazione dei prodotti è una metrica fondamentale: il tasso di conversione del Live shopping può essere cinque volte superiore rispetto alla vendita digitale tradizionale.



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